Diverse centinaia di turchi hanno manifestato spontaneamente oggi, 4 ottobre, a Istanbul contro l’eventualità di una guerra contro la Siria, dopo le tensioni scoppiate tra i due paesi fino a due anni fa alleati.
Infatti, in seguito a un colpo di mortaio sparato ieri da oltre il confine siriano che ha uccico cinque civili turchi, il governo di Erdogan ha risposto con un bombardamento da parte dell’artiglieria. All’alba e’ stato colpito il distretto di Tel Abyad, situato una decina di chilometri all’interno del confine siriano.
Ovviamente da parte degli Stati uniti e della Nato, di cui la Turchia è fedele alleata, solo parole di condanna per il regime siriano di Assad e nulla da ridire sull’operato del governo turco. Anzi, la riunione d’emergenza della Nato ha ribadito piena solidarietà ad Ankara e un duro avvertimento alla Siria di fermare gli “atti aggressivi”. Un modo fin troppo chiaro di come oramai molti governi occidentali stiano pensando all’ennesima guerra per far fronte alla “crisi” economica da loro stessi prodotta. Con una guerra, si sa, i produttori di armi farebbero buoni affari e le imprese della patria, anche quelle italiane come Finmeccanica, produrrebbero anche quel ricercato aumento del PIL di cui tutti i governi vanno cianciando.
Basti sentire le dichiarazioni del Ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, secondo il quale la richiesta del governo di Ankara al parlamento turco di autorizzare operazioni militari per un anno, è “perfettamente legittima”. “E’ una valutazione che dà il governo di Ankara e credo che sia perfettamente legittimato a chiederla”, ha dichiarato Terzi da tempo schierato apertamente con il fronte dei guerrafondai che vorrebbero un attacco della Nato contro la Siria, tanto da esprimere “la mia solidarietà e quella del governo italiano al governo turco”.
Ma non tutti sono disposti a vedere un’altra guerra senza muovere un dito.
Proprio in Turchia, paese che potrebbe essere l’avamposto del nuovo conflitto, e da cui potrebbero partire gli attacchi alla Siria (non a caso l’assemblea nazionale turca oggi ha formalmente autorizzato il governo a condurre operazioni militari in Siria per un anno, in nome della ”sicurezza nazionale”), la folla di cui facevano parte molti anarchici e appartenenti a gruppi di sinistra, si è radunati in piazza Taksim (la piazza principale della matropoli turca), avanzando con un grande striscione con su scritto ”No alla guerra”.
La folla ha fischiato ampiamente il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp islamico-conservatore) del primo ministro Recep Tayyip Erdogan, accusandolo di agire come ”sub-contractor degli Stati Uniti” in Turchia, per una ”guerra imperialista” contro la Siria.
La manifestazioni di Istambul è stata anche una risposta a ciò che si era verificato ad Ankara questa stessa mattina, quando un gruppo di manifestanti che protestava contro la guerra ha trovato una selva di poliziotti antisommossa che li ha dispersi brutalmente, con uso di manganelli, spray urticanti e lacrimogeni, davanti alla sede del parlamento.