Nuovo scritto (s)censurato di Nicola dal carcere di Ferrara

Ferrara, giugno 2013

SULLA LOTTA ANTICARCERARIA

Da qualche tempo è evidente come sia tornata alla ribalta  la lotta  anticarceraria, nuove figure di “ribelli sociali“ vengono spinte sul palcoscenico dal movimento  allora si ricomincia: manifestazioni, presidi e proposte di bollettini per dare spazio alle lamentazioni che vengono dalle segrete di stato.  Niente di nuovo all’orizzonte, ciclicamente la trottola, cui troppo sovente somiglia il nostro movimento, rimbalza su di un diverso aspetto di questo mondo di merda e si rimette a girare. L’ interesse dei compagni si ridesta, si dà vita ad assemblee in cui si sostiene che bisogna approfondire l’argomento, capire quello che succede nei luoghi di tortura…e qual’ è il risultato? Si decide di andare a volantinare ai familiari dei detenuti nei giorni di colloquio e si organizza un presidio che sicuramente sarà un successo, in quanto i prigionieri ”risponderanno” numerosi ed entusiasti. A dir la verità ultimamente, si è aggiunto al solito copione un nuovo atto, a dir poco sconcertante: un presidio “determinato e comunicativo” sotto il ministero di Giustizia a Roma. Per quanto ci abbia pensato non sono riuscito a capire cosa ci facciano degli anarchici, incazzati per i pestaggi avvenuti nel carcere  di Tolmezzo, sotto il ministero se non sono lì per dargli fuoco.

Per quanto il carcere sia un problema permanente, le” mobilitazioni “ contro di esso sono episodi che durano finché  l’attenzione dei compagni non è richiamata da qualche altra’’ emergenza’’. O finché l’ oggetto delle nostre attenzioni (il ribelle sociale, il proletario recluso, ecc.) non cerca un interlocutore, più o meno istituzionale, che ritiene più adatto a soddisfare le sue necessità. Le mie considerazioni, ci tengo a chiarirlo non sono dettate da qualsivoglia  astio personale o  pretesa di particolare competenza del settore, ma dal semplice dato anagrafico :ho partecipato a diverse ondate di lotta anticarceraria, tutte nate con premesse simili e smorzatesi nello stesso modo. Mi ricordo molto bene la lotta degli ergastolani, anche in quel caso entusiasmo, assemblee, presidi, un bollettino anticarcerario, poi i protagonisti della protesta, spesso dipinti come ribelli indomiti, decidono di sospendere lo sciopero della fame ed i percorrere strade più istituzionali per risolvere il loro problema: fine di tutto e si riparte con un‘altra lotta. Penso che sia necessario fermarsi a riflettere sul perché ciclicamente si ripresentino le stesse situazioni, sempre simili negli esiti. Perché non riusciamo a dare maggior continuità ed incisività al nostro agire? Sono certo che dobbiamo smetterla di farci trasportare dall’ emotività, dall’emergenza del momento. Giochiamo troppo spesso in difesa, sembra quasi che il compito degli anarchici sia quello di risolvere i problemi dell’ ”oggetto” rivoluzionario di turno :carcerati, immigrati, sfruttati, ecc. Sono convinto che gli anarchici debbano “semplicemente“  attaccare, ognuno con i propri metodi e tempi, cercando di vivere la […..], la gioia della distruzione senza cercare il “consenso” fra gli sfruttati di turno. A questo punto qualcuno potrebbe farmi notare che  le mie sono enunciazioni di principio, da tutti condivisibili, ma praticamente cosa propongo di fare? Prendiamo spunto da quanto accade attorno a noi. Il carcere è una tale mostruosità che non abbiamo bisogno di conoscere ogni singolo sopruso che vi venga commesso per sapere che vada distrutto. Non impelaghiamoci in più o meno approfonditi studi sulle trasformazioni dell’apparato carcerario, facciamo come i compagni greci della Cospirazione delle cellule di fuoco-Fai/Fri- Bande della Coscienza- Fai/Irf Cellula Sole-Baleno (*): informiamoci su dove parcheggia il direttore ed agiamo di conseguenza. Imitiamo i compagni cileni della Cellula antiautoritaria insurrezionale -”Panagiotis Argirou”-Fai/Irf che il 12 maggio hanno colpito l’Associazione nazionale dei funzionari penitenziari a Santiago del Cile. Oppure prendiamo spunto dagli anonimi compagni che a Trento, alcuni mesi fa,hanno dato fuoco agli automezzi di una ditta che specula sul sopravvitto dei detenuti.

Se siamo tutti concordi che non ci sia niente di più bello  che un carcere che bruci, armiamo i nostri desideri e diamoci da fare.

Nicola Gai

(*) Ai primi di giugno è stata fatta saltare in aria la macchina del direttore del carcere di Korydallos ad Atene. Tale azione che è stata la prima del “Progetto Fenice”, è stata poi seguita dall’attacco contro l’auto di un secondino del carcere di Nafplio, sempre in Grecia, ad opera dei compagni della Cospirazione Internazionale per la vendetta-Fai/Fri. Il progetto Fenice ha avuto un ulteriore seguito con due azioni, in Indonesia e, nuovamente in Grecia.

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