Oggi parliamo della recensione di Luciano Lanza del 18 gennaio scorso, intitolata “Per chi suona la campana? Per l’anarchismo” che e` stata pubblicata sul Fatto Quotidiano on.line (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/18/per-chi-suona-campana-per-lanarchismo/473472) e che che verrà pubblicata anche sul mensile “A rivista anarchica” nel numero di aprile.
Intanto e` indispensabile una premessa. Lanza, giornalista esso stesso e collaboratore di varie testate, da buon “anarchico” gradualista, convinto sostenitore dell`anarchismo burocratico di marca FAItaliana/USI, evidentemente non trova contraddizioni nell`usare come mezzo di divulgazione delle sue tesi un giornalaccio come “Il Fatto Quotidiano”, che oltre a rientrare nel novero della carta da culo come tutte le esimi testate italiche sue colleghe, insegue la retorica legalitaria e giustizialista che certo non ha nulla a che spartire con il pensiero libertario.
Ma tant`e`, Lanza non si fa di questi problemi e nemmeno si cura delle contraddizioni tra mezzi e fini (concetto di base tanto caro all`anarchismo storico) e si fa anzi ospitare senza patimenti d`animo dal giornalaccio in questione con un suo blog personale, dove pubblica ad uso dei lettori la sua particolare concezione dell`anarchismo (ovviamente indicandola come l`unica possibile, vedi http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/16/w-la-fai/231599).
In questa ultima sua, pubblica una recensione di “Liberta’ senza rivoluzione“, l`ultimo libro del collega (verrebbe da dire DI PARTITO) Giampietro “Nico” Berti, anch`esso frequentatore dei salotti dell`anarchismo buono e della rivista A.
Il libro viene definito “una disamina feroce e al contempo appassionata dell’anarchismo contemporaneo. Una teoria e una pratica in profonda crisi, sostiene l’autore. Che propone anche alcune ipotesi per costruire una dimensione in assonanza-dissonanza con la realtà contemporanea del movimento anarchico».
L` “ipotesi per costruire una dimensione in assonanza-dissonanza con la realtà contemporanea del movimento anarchico” non e` evidentemente che la descrizione palese della volonta` dell`autore (palesata anche da frasi del genere: «Ora l’anarchismo, inteso come movimento storico, non rappresenta altro che se stesso») di discostarsi dall`anarchismo per avvicinarsi a chissa` quale moderna concezione cittadinista.
Berti infatti analizza la “crisi” dell’anarchismo, che daterebbe secondo lui fin dalla sconfitta della rivoluzione nella Spagna del 1936. E continua sulla stessa falsariga che mette in totale evidenza il suo distacco dall`anarchismo, quando scrive che «l’anarchismo è destinato a una deriva storica terribile: i rimasugli del suo rivoluzionarismo inghiottiranno fino in fondo il suo libertarismo». E tutto perche`, secondo Berti, “gli anarchici sono incapaci di fare politica”, poiche` “l’hanno sempre identificata con la logica del potere, con la dinamica del comando. Infatti, alla rivoluzione politica, hanno sempre anteposto la rivoluzione sociale”.
Il problema del politico, ovvero il problema del potere, qui viene evidentemente risolto proponendo a chi si richiama all`anarchismo di entrare direttamente in gioco nell`amministrazione del potere politico. Un controsenso.
Che si chiami municipalismo libertario o si getti la base per un nuovo partituncolo di vaga ispirazione Grillina poco importa, ecco le tesi di Berti: «Sono circa vent’anni che ripeto con forza la necessità di affrontare questo problema (il problema di una scienza politica anarchica). Se veramente si pensa che la differenza tra la liberal-democrazia, le dittature, i totalitarismi, et similia sia solo una differenza di forma e non di sostanza, allora gli anarchici si mettano il cuore in pace perché resteranno sempre subalterni. Se invece vogliono ritornare a incidere sul presente, devono seriamente – molto seriamente – confrontarsi con il liberalismo e la democrazia, unico modo per far uscire l’anarchismo dalla subalternità politica che da settant’anni lo tiene relegato ai margini della storia”.
Non solo. la rivoluzione, l`atto rivoluzionario, viene definito da Berti come “l’errore micidiale dei rivoluzionari perché un atto, qualsiasi atto, che pretenda di essere risolutore è intrinsecamente irrazionale e, di fatto, totalitario».
Berti aggiunge poi: «In conclusione l’anarchismo si trova di fronte a questo aut aut. O coltiva la sua antropologia storica, chiudendosi in una controsocietà – che comunque non ha alcun avvenire -, o abbandona ogni idea socialmente definita di emancipazione umana, con tutto ciò che questo, politicamente e ideologicamente, comporta”. Ovviamente a Berti altre vie non vengono neppure in mente.
Pur criticando alcune di queste concezioni, Lanza ammette: “che in questi ultimi anni l’anarchismo e il movimento che lo rappresenta non stiano troppo bene è cosa purtroppo vera”.
Poi Lanza si fa e fa delle domande: “perché la rivoluzione futura (ammesso che possa realizzarsi) dovrebbe seguire i percorsi classici? Dove sta scritto che si esprimerà con barricate o sommosse? Da nessuna parte”.
Guai, infatti, per Lanza e compagnia danzante, se, citando una canzone famosa negli ambienti, “verra` il di che innalzerem le barricate”, perche` vorrebbe dire che si sarebbero seguiti i percorsi classici di tutte le insurrezioni! Chissa` perche` in questo caso, al contrario di tanti altri classici osannati invece come oro, classici da evitare come la peste.
Forse Lanza (ma non e` il solo nell`anarchismo cosiddetto “ufficiale”), al contrario di Berti che ormai naviga verso la politica istituzionale ed il confronto con la liberaldemocrazia, sogna una rivoluzione pacifica, inseguendo l`illusione che il potere ed il capitalismo si logorino e disfino da se`, senza intervento da parte dei rivoluzionari. Illusione che e` purtroppo quanto mai viva oggi, con la credenza diffusa e nefasta che il capitalismo sia in “crisi” e non invece che sia attraversato da una profonda serie di rafforzamenti e mutamenti strutturali che lo renderanno forse ancora piu` forte.
Dice ancora Lanza: “mi sembra doveroso sottolinearlo, non viviamo nell’Ottocento o nella prima metà del Novecento e non vedo in giro tanti «rivoluzionari» che vogliano compiere «l’errore micidiale»”, riferendosi ancora una volta all`atto rivoluzionario.
Purtroppo, diciamo noi. Purtroppo, infatti, ci sono in giro tanti pseudorivoluzionari come Berti e Lanza che all`errore micidiale di cui parlano preferiscono i convegni autocelebrativi, le parate funeree e le recensioni come questa che fanno cadere braccia e palle (per chi le ha).
Profondamente misere di contenuti e di analisi sulla situazione corrente, le argomentazioni di questi sedicenti anarchici prospettano e propugnano la fine dell`anarchismo rivoluzionario e la sua riforma in senso istituzionale, moderato, democratico. Un anarchismo che magari partecipi al gioco delle elezioni. Che uccida il senso stesso di anarchia, per amor di pragmatismo.
Dice Lanza: “E` grazie anche a libri come questi (quello di Berti) che l’anarchismo può rientrare nel discorso politico-sociale attuale”.
Diciamo noi: E` grazie anche a libri e recensioni come questi che si cerca di fare dell`anarchismo un contenitore di concezioni democratiche, svuotato e depotenziato di ogni fermento rivoluzionario.
Evidentemente la rivoluzione non fa paura solo a sbirri, tribuni e padroni. Ma anche a chi ha paura di perdere una collaborazione con il giornale borghese di turno o la propria poltrona universitaria di Storia delle dottrine politiche.
Solo un accorgimento per il futuro: se l`anarchismo non vi soddisfa piu`, andatevene pure a fare le vostre rivoluzioni democratiche dove e con chi volete, non sentiremo di certo la vostra mancanza. Ma lasciate stare l`anarchismo, che ha bisogno di pensieri e pratiche ribelli, non certo di professori rincoglioniti.