Una psichiatra viene uccisa a Bari da un paziente del Centro di Salute Mentale, un suo paziente.
Il cordoglio, specialmente istituzionale, è unanime; l’uccisa viene canonizzata come “unica vittima”.
I colleghi parlano di lei come una dei tanti “professionisti dell’aiuto”.
Ma di che professione stiamo parlando in realtà? Verso chi è rivolto questo fantomatico aiuto?
Lo psichiatra è sicuramente una professione, al pari del boia o del poliziotto, che fornisce un indispensabile contributo alla marginalizzazione ed al contenimento di quegli individui inutili alla macchina produttiva. La psichiatria è una a-scienza che cancella la personalità col fine di normalizzarla alle regole sociali imposte. Un tempo con lacci di cuoio, scariche di elettricità ed asportazioni di parti dell’encefalo, oggi con psicofarmaci e ricoveri coatti.
Lo psichiatra aiuta si, ma solo a cancellare la devianza dalla regolarità regolamentata. Non fornisce alcun aiuto ai “pazienti”, ma piuttosto cerca di far loro accettare le regole del gioco.
Spesso, anche tra compagni, ci soffermiamo sulla “soluzione carceraria” che il dominio mette in atto per eliminare gli indesiderabili. Altrettanto spesso ci dimentichiamo di come la psichiatria sia forse un’alternativa di ben lunga peggiore del carcere. Se attualmente il “paziente psichiatrico” ha, anche se non sempre, più libertà di movimento di qualche decennio fa, la sua personalità, il suo essere un individuo unico ed irripetibile vengono stuprati in maniera ancor più subdola. La lobotomia transorbitale o la terapiaelettroconvulsivante possono scandalizzare i democratici benpensanti; meglio far ingerire ai “poveri disgraziati” un paio di dozzine di pillole indolori e ridurli a stato vegetativo, creando l’illusione di una chimica pace e tranquillità. Cambiano i tempi e le barbarie si adeguano e si affinano.
La morsa psichiatrica è un cancro che stritola la mente, pretende di raddrizzare tutte quelle sofferenze che il mondo moderno induce trattandole come disturbi organici, sottoponendo il detenuto psichiatrico a degradanti torture farmacologiche e/o restrittive.
Questa non-scienza scientificamente istituzionalizzata è un formidabile braccio del potere, funzionale all’eliminazione di ogni deviazione dal sentiero imposto, regolatore dell’anima e del pensiero.
Che si voglia far passare un qualunque sezionatore e chirurgo mentale per una figura di “aiuto” è logico. Qualunque boia – sia esso in divisa, toga o camice – distrugge e annienta solo perché filantropicamente ha a cuore i bisogni ed il benessere degli individui, perché con il suo ruolo mantiene la sicurezza sociale e si batte per estirpare il male. In soldoni, è questa la versione che dominio propina ai suoi schiavi.
In realtà, l’unico aiuto che uno psichiatra può dare è quello al mantenimento dell’ordine e dell’autorità. Un aiuto teso a livellare quelle individualità “colpevoli” di essere troppo estrose, insofferenti, ribelli, libere da finti rapporti e legami. Un riportare le pecorelle smarrite nel gregge.
Perché mai stupirsi allora quando una pecorella, stanca di vessazioni e pillole decide di farsi lupo e di non voler più tornare nel gregge? Come stupirsi se dopo mesi o anni di torture in blister la propria ormai fragile autonomia ha uno scatto di fierezza e si abbatte contro uno dei tanti vivisezionatori in camice bianco?
Poco importa chi siano medico e paziente, il punto è un altro: uno spiraglio di rabbiosa liberazione dal potere psichiatrico. Una estrema ribellione ad una vita ridotta a cartella clinica.
Non dimentichiamoci che la psichiatria è un nemico più infimo di tanti altri, proprio perché ammantato da un’aura caritatevole e curativa. Ma in quanto nemico, dobbiamo riappropriarci dell’attacco contro questa segregazione della mente.
L’episodio di Bari non dimostra altro che questo: gli psichiatri sono carnefici. La psichiatria come branca del potere va distrutta e, per quanto non ci doliamo assolutamente quando un paziente restituisce il dolore al boia che glielo ha somministrato per anni, sarebbe il caso di ricominciare tra di noi un percorso distruttivo contro la piovra psichiatrica; attacchi, quindi, contro le strutture, i camici bianchi, le industrie psicofarmaceutiche ed i reparti ospedalieri.
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