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L’affrontare con particolare attenzione i problemi degli interventi che il dominio mette in atto significa, soprattutto, coglierne gli aspetti di sviluppo immediato e in evoluzione sul territorio. La questione delle nocività non può essere disgiunta da una riflessione complessiva sulle cause primarie delle scelte che producono le stesse e, quindi, da una critica generalizzata allo stesso sistema generante. Essere contrari all’estendersi e al diffondersi di una cultura di avvelenamento sociale e distruzione ambientale significa confrontarsi con i motivi che ne hanno portato il verificarsi. Non possiamo chiamarci fuori! Noi tutti siamo condizionati dagli eventi e dalle modificazioni sociali che queste scelte sistematiche vengono a creare: tanto più ne saremo soggetti quanto più si estenderanno e parranno progetti difficilmente sormontabili. Da queste considerazioni nasce la volontà di realizzare un foglio specifico che analizzi, da un angolo critico e radicale, i progetti che rappresentano o rappresenteranno un impatto negativo, non soltanto per quanto riguarda la nostra salute ma anche per quel che concerne le trasformazioni che subiranno od hanno subito le nostre vite da un punto di vista di relazioni sociali. Esamineremo passo per passo, le realizzazioni nocive che il sistema-dominio ha installato sul “nostro” territorio o quelle che progetta di insediare in un futuro prossimo e lo faremo privi di quei fronzoli che caratterizzano spesso l’operato di chi cerca di sviare l’attenzione su problematiche di minor conto. Insistendo sul legame che intercorre tra nocività (effetto) e sistema-dominio(causa), di fatto manifestiamo la nostra volontà di spingerci al di la di una critica stucchevole e languida, che non tiene conto dei veri problemi. Se la nostra salute è importante, basilare è anche il metodo con cui questa viene ottenuta perché oltre al benessere fisico dobbiamo aspirare anche a quello sociale.
La provincia di Ferrara è uno dei siti più inquinati dell’intera Europa. Il tasso di mortalità della popolazione residente nell’area del Po di Volano, specialmente nella provincia di Ferrara, cresce ripetutamente da anni e le cause sono ricollegabili all’aumento delle cause tumorali. Le concentrazioni di polveri sottili ed altre nocività quasi sempre sono sopra la soglia. Un semplice ragionamento imporrebbe la dismissione delle fabbriche inquinanti, invece si apprestano ad aprirne altre. Il petrolchimico di Ferrara è un mix multi-societario di aziende e multinazionali del settore, che spandono su tutta la città miasmi e veleni. Abbiamo deciso di iniziare questo primo numero parlando del più recente episodio che ha coinvolto il petrolchimico e cioè le “puzze” che da vari mesi sono state avvertite dai residenti delle zone accanto al petrolchimico, costretti a sopportare e a respirare esalazioni potenzialmente pericolose senza che nessuno, per mesi, si sia degnato di intervenire. Anzi, le uniche voci istituzionali che si sono levate sono state un’accozzaglia di menzogne, sproloqui e mezze verità, alla faccia della salute dei cosiddetti “cittadini”, che hanno ben potuto vedere quanto questa democrazia li tenga in valore. I due episodi sono ben lungi dall’essere scollegati fra loro perché mostrano il vero volto del capitalismo industriale che accumula quattrini a scapito della salute e dell’ambiente e l’incuranza degli amministratori verso i propri amministrati. Accanto a quest’episodio abbiamo voluto ricordarne un altro: le patologie e le morti verificatesi negli anni per l’esposizione al CVM prodotto dalla Solvay, sempre nella zona del petrolchimico. Crediamo sia di primaria importanza cogliere questi aspetti indissolubili che ricorrono e intercorrono tra gli uomini del capitale e quelli dello stato, per cominciare ad opporsi alle nocività subite giornalmente e per riaffermare il primato della propria salute e quella dell’ambiente in cui tutti viviamo, scegliendo l’unica opzione possibile: quella di essere amministratori di se stessi.
Dallo scorso settembre a Ferrara nella zona della piccola media industria fra via Vallelunga e Pontelagoscuro, è presente un tanfo insopportabile; i residenti della zona in seguito all’inalazione di questo odore hanno riscontrato forti bruciori agli occhi e alla gola, mal di testa ed alla lunga veri e propri capogiri. Gli abitanti sono stati costretti a chiudersi in casa tenendo le finestre ben serrate per evitare il tremendo fetore. Nello stesso periodo in una fabbrica vicina alcuni operai si sono sentiti male. Chi abita e lavora nella zona ha descritto l’odore come quello penetrante della gomma o della plastica bruciata. Tutti concordano che le puzze provengono dal petrolchimico. L’Arpa, l’azienda preposta al monitoraggio ambientale, però si è subito affrettata a dichiarare che la sostanza responsabile di questi malesseri , l’ “Etiliden NorBornene”, sarebbe TOSSICA MA NON NOCIVA”(salvo poi scoprire di essersi ammalati dopo 30 anni come con il CVM) , affermazione che ha a dir poco dell’incredibile. Cerchiamo allora di capire meglio la situazione.
L’Etiliden NorBornene o ENB è una sostanza chimica che le aziende sono autorizzate a rilasciare, una sostanza industriale utilizzata nel processo di produzione della gomma e delle materie plastiche. La motivazione di questa enorme fuoriuscita di fetore, seguendo le dichiarazioni ufficiali, sembra sia stata la scoperchiatura per manutenzione di una vasca del depuratore acque del petrolchimico coperta anni fa proprio per evitare la diffusione della sostanza. Le rassicurazioni dell’Arpa e dell’assessore provinciale all’ambiente sono sconcertanti, anche in considerazione del fatto che le ultime rilevazioni fatte dall’Arpa risalgono al 2000 e 2001 ed il monitoraggio è inesistente, senza contare che l’azzeramento delle emissioni di ENB venne inserito come obiettivo nel Protocollo 2001 sul petrolchimico (sui rischi per la salute vedere lo schema alla pagina succesiva). Nel frattempo le segnalazioni delle puzze arrivano fino alle frazioni di Porotto, Ravalle e Casaglia (nella zona nord ovest di Ferrara) e sono molti ad avvertirle anche nel centro storico e, anche se in misura minore, nella zona est della città, sempre in orari mattutini o in tarda serata. Il 17 novembre il sindaco Gaetano Sateriale ha prescritto l’ordinanza a Polimeri Europa (azienda del settore, controllata da Eni, che opera da anni all’interno del petrolchimico di Ferrara) di cessare l’emissione di ENB e Toluene (altra sostanza usata per la lavorazionedelle gomme) a seguito di indicazioni da parte dell’Asl alla procura sull’emissione di sostanze pericolose per la salute. Di fatto, al camino alto più di novanta metri, la concentrazione di ENB è vicina alla soglia di pericolosità. Conseguentemente è stata richiesta la sospensione dell’unica delle tre linee di produzione che utilizza l’ENB, per limitare le puzze e per verificare in seguito se si trattava della vera fonte di quel fetore insopportabile. L’azienda però, dopo lo stop, ha dichiarato di non essere intenzionata a sospendere l’uso di ENB perché esso fornisce alle gomme delle caratteristiche particolarmente richieste dai suoi clienti, che rappresentano un business “irrinunciabile” .Martedì 28 novembre anche il segretario provinciale della Femca-Cisl si unisce all’azienda, ritenendo indispensabile che la produzione fosse comunque assicurata (tanto chi se ne frega se respiriamo sostanze pericolose!). Mercoledì 24 gennaio la giunta comunale ha revocato la prescrizione a Polimeri Europa. Il comune ha affermato che il motivo principale di questa decisione risiede nella cessazione delle chiamate da parte dei cittadini che avvertono gli odori nauseabondi. Niente di più falso!!! È un dato di fatto che i cittadini non avendo più fiducia nelle istituzioni di Arpa e Asl (e come dargli torto!?) prendono come punto di riferimento la sezione ferrarese di Medicina Democratica; questa dichiara infatti che le segnalazioni sulle puzze da parte dei cittadini non sono mai cessate. Continuano, infatti, ad arrivare segnalazioni dalla zona del Barco, di Pontelagoscuro, dai centri commerciali Bennet e Diamante, fino nei pressi della caserma di Cassana, ecc…Un altra motivazione della revoca dell’ordinanza è stato lo spostarsi di tutte le ricerche, non più sul camino, dove la concentrazione di ENB ha raggiunto la soglia di pericolosità per la salute; ma sulle fognature, dove a causa di perdite, è stato detto, sarebbe finita una certa quantità di ENB. Il problema è stato affrontato con una risistemazione della rete fognaria da parte della società esterna responsabile dei reflui.
Ora un paio di considerazioni:
Se il problema erano unicamente le fogne, perché Polimeri Europa ha dichiarato che si impegnerà per installare al più presto la tecnologia più moderna di abbattimento di ENB al camino??? Perché viene permesso l’utilizzo di una sostanza dichiarata tossica ed estremamente volatile all’interno di un territorio densamente abitato? Perché tanto tempo per trovare i responsabili di quelle puzze? E ancora, perché tutte quelle fandonie tese a rassicurare i cittadini, mentre questi continuavano a respirare veleni per mesi interi?Interrogativi come questi e le dubbie affermazioni di Comune, Provincia, Arpa, sindacati e azienda Usl ci fanno pensare che il problema sussista ancora o possa ripresentarsi in futuro (addirittura, Raffaele atti, assessore comunale all’urbanistica con delega al petrolchimico ha dichiarato: “non siamo in grado di garantire che il problema non si ripeta”!!) e che, fatto ancor più grave, la salute dei cittadini sia ormai palesemente succube degli interessi economici
Intanto, verso la fine di Gennaio, sempre al petrolchimico si è verificato l’ennesimo “incidente”: il coperchio di un silos di additivi chimici dell’azienda Yara (gruppo specializzato in diserbanti, urea ed ammoniaca) è saltato in aria, provocando due grosse esplosioni che hanno mandato all’ospedale due operai. l’unica inchiesta aperta è quella interna dell’azienda, come dire: il colpevole che indaga su se stesso?
ENB-Rischi per la salute:
– INGESTIONE: Può provocare fastidio addominale, nausea, vomito, diarrea. Il paziente può accusare sonnolenza. Analogamente a quanto avviene per altri solventi, per idrocarburi a bassa viscosità, se aspirato durante deglutizione od il vomito provoca lesioni ai polmoni
– ASSORBIMENTO CUTANEO: Non risultano effetti nocivi dalle informazioni disponibili
– INALAZIONE: Può provocare un’irritazione delle vie respiratorie, che si presenta con fastidio e secrezioni nasali, dolore toracico tosse. Può sopravvenire mal di testa. Concentrazioni elevate di vapori possono provocare vertigini e sonnolenza
– CONTATTO CON LA PELLE: Provoca un’irritazione con fastidio, arrossamento locale ed eventualmente gonfiore. Il contatto prolungato ripetuto può provocare sgrossamento ed intossicamento della pelle. Il contatto prolungato può provocare un’irritazione più grave con fastidio o dolore, arrossamento locale, gonfiore ed eventualmente distruzione dei tessuti
– CONTATTO CON GLI OCCHI: Il liquido provoca un’irritazione che si presenta con bruciore, battito delle palpebre intenso, lacrimazione eccessiva arrossamento della congiuntiva. Non ci dovrebbero essere lesioni della cornea
– EFFETTI DI SOVRAESPOSIZIONI RIPETUTE: La sovraesposizione ripetuta ai vapori o alle nebbie può provocare mal di testa, nausea e vertigini.
– SITUAZIONI PATOLOGICHE AGGRAVATE DA SOVRAESPOSIZIONI: Il contatto cutaneo può aggravare una dermatite esistente
(fonte Iuclid Data test – software per la gestione dei dati riguardanti le sostanze chimiche, utilizzati dalle industrie, ideato dalla comunità europea allo scopo di monitorare i rischi per l’ambiente e la salute umana)
Condotti Verso la Morte!! La logica dello sviluppo è quella di accumulare profitti: logica e regola al di sopra di tutto. L’era post-industriale si regge sull’assunto che recita più o meno così: prima il guadagno per mezzo della produzione a certi costi, poi la salute e la sicurezza delle persone. Ciononostante l’immolazione del genere umano al capitale viene a volte riscoperta, anche se analizzata e criticata come un errore temporaneo verificatosi in un sistema che viene dipinto e fatto apparire come l’unico a misura d’uomo. Una degli ultimi scempi del capitale che ha avuto ampia risonanza in vari ambienti è stato l’avvelenamento da CVM (Cloruro di Vinile Monomero), tuttora utilizzato e prodotto da centinaia di piccole e medie industrie. Parlare di CVM significa evocare l’incapacità del sistema nell’arginare le nocività che produce e affermare, ancora una volta, che l’unica via percorribile è l’eliminazione sia delle nocività nella loro interezza che della scelta sociale civilizzatrice che ne è causa diretta.
Occorre innanzitutto spiegare brevemente la storia del settore chimico. La nascita dei poli chimici incomincia nel 1925, anno in cui apre “Porto Marghera”, ma la loro diffusione capillare inizia nel dopoguerra. Il settore entra in crisi negli anni ottanta, tale contesto portò necessariamente all’abbassamento dei livelli di sicurezza in fabbrica: la caratteristica più diffusa è il logoramento degli impianti. Ritornando al CVM, i prodotti a base di tale sostanza sono in genere duraturi e poco costosi. Dalla sua polimerizzazione deriva il PVC (PoliCloruro di Vinile), altra sostanza ad illimitato utilizzo commerciale. Un primo studio sul CVM, in Russia nel 1949, individua un gran numero di alterazioni al fegato e alle vie respiratorie su un campione di lavoratori. Ulteriori ricerche furono intraprese dal 1967 in poi. queste ruotano intorno ai quadri patologici dell’encefalo e del fegato con l’individuazione di varie epatopatie quali cirrosi, epatocarcinoma ed angiosarcoma epatico. Queste patologie godono di un tempo di latenza molto lungo e ciò finisce con il comportare una difficoltà nel dimostrare il nesso causale tra l’esposizione al materiale tossico e le conseguenti malattie. Nel decennio successivo venne appurata l’effettiva cancerogenità del CVM, riconosciuta pure dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che però un accordo segreto tra le maggiori aziende chimiche europee (tra cui la belga Solvay) ed americane decise di tenere celata. L’opera di queste aziende consistette, e tuttora consiste, in affermazioni rassicuranti circa l’innocuità del prodotto, sottoponendo allo stesso tempo i lavoratori a condizioni di lavoro e di salute spaventosamente gravi. Solo recentemente sono state messe in relazione pubblicamente alcune gravi conseguenze come tumori, intossicazioni e altre simili patologie che colpiscono il sistema nervoso e il fegato alla continua esposizione al CVM (quindi anche per chi è obbligato a respirare le emissioni dei camini delle fabbriche pur non lavorandoci).A rigor di cronaca è doveroso ricordare come nella produzione mondiale di CVM, grazie all’opera di aziende quali Montedison, Eni e Solvay, l’Italia si trovi al quarto posto. A tal proposito, come non citare le vicende inerenti al petrolchimico di Porto Marghera, in cui i lavoratori si sono trovati vittime della fabbrica prima e oggetto di beffe giudiziarie poi. Interminabili serie di perizie e controperizie si svilupparono dopo decenni durante i quali gli operai subirono le conseguenze dell’esposizione al CVM., mentre il terreno e le acque della laguna venivano adibiti a discarica di elementi tossico-nocivi ad opera degli smaltimenti della Montedison. La svolta, seppur mediatica, si ha nel 1994, quando un operaio sporge denuncia presso la magistratura di Venezia; passano ben quattro anni perché venga avviato un procedimento penale contro i vertici Montedison/Eni/Enimont/Enichem (capi d’imputazione: lesioni colpose, disastro ambientale, omicidio colposo e strage). Il 2 novembre 2001 viene pronunciata la sentenza di primo grado. I vari studi che hanno stabilito il nesso di causalità tra CVM e angiosarcoma epatico ed altre patologie fanno ben sperare le parti civili. Ma i padroni difficilmente pagano e la sentenza fa scandalo. Il processo non ha stabilito responsabilità penali, ma nemmeno storiche: totale impunità. Solo la determinazione delle vittime ribalta minimamente, la situazione in appello. A dicembre 2004 la Corte stabilisce cinque condanne ad un anno e mezzo per altrettanti dirigenti Montedison e una lunga serie di prescrizioni, dovute al troppo tempo trascorso dai fatti in questione.
Passiamo adesso ad analizzare la situazione nel ferrarese. Dopo le vicende del petrolchimico di Marghera, anche nella città di Ferrara si stanno verificando i primi ricorsi sulla base di decessi o di seri problemi che gli operai hanno riportato a causa del contatto con questa sostanza. Sotto accusa vi è la Solvay, la cui produzione di CVM è stata arrestata solo nel 1998, dopo più di 30 anni di attività. Nel 2002, in seguito alle istanze di operai direttamente coinvolti vengono recapitati sedici avvisi di garanzia per i dirigenti della multinazionale. Sui quartieri cittadini popolari del Barco e di Pontelagoscuro si sono depositate per anni le polveri di CVM espulse durante la sua trasformazione in PVC. Agghiaccianti le testimonianze che raccontano di come, svegliandosi la mattina, davanzali e balconi erano ricoperti da una sottile coltre di polvere bianca. Tuttora in questi due quartieri le falde acquifere hanno una concentrazione di inquinante che supera, in alcuni casi, di 100.000 volte i limiti di legge! Stesse percentuali riscontrate negli orti e nelle campagne delle zone in questione, che vengono innaffiati proprio con quell’acqua, oltre ad attingerne dal sottosuolo. I decessi documentati (quelli sui quali si concentra l’inchiesta) sono oltre sessanta, di cui quarantacinque dovuti a tumori quali l’angiosarcoma epatico e quello del polmone. Nel 2005 abbiamo assistito all’archiviazione per l’inquinamento delle falde acquifere dal momento che, secondo i PM, questo sarebbe attribuibile ai diversi metodi di produzione adottati dalle varie aziende chimiche che si sono succedute nel tempo all’interno dell’area industriale. Insomma, passa il messaggio che la contaminazione derivi dal contrasto tra i vari metodi di produzione e non dalla loro essenza. Nessuna responsabilità individuale, dichiarata impossibile da stabilire. Continua invece l’inchiesta parallela che vede gli imputati accusati di lesioni colpose, di omissione dolosa di cautele contro infortuni e di omicidio colposo. L’ultimo capitolo della saga, in ordine di tempo, è il deposito, avvenuto nell’ottobre 2006, di due perizie che hanno accertato il nesso causale tra patologie tumorali ed esposizione alla sostanza cancerogena. Per finire in bellezza, recentemente sono stati eseguiti esami sui terreni dell’intero territorio provinciale e si è scoperto che decina di siti presentano tracce di CVM, in molti casi anche consistenti. Molti dei siti in cui è stata rinvenuta la sostanza non erano vicini a industrie (anzi, alcuni si trovano in aperta campagna) e questo mostra come gli inquinanti possano facilmente trasmigrare da un posto all’altro, in un territorio sabbioso che filtra le falde acquifere contaminate come quello circostante al Po di Volano. Esplicativi esempi di questo preoccupante fenomeno sono la scoperta di CVM nell’area in processo di urbanizzazione di Via del Lavoro (tra ex Eridania, Coop Estense e Volano) dove si rileva una concentrazione di 400 microgrammi di sostanza al litro o la scoperta impensabile di CVM stagnante in Piazza del Popolo a Copparo. Ed infine, il più eclatante: In alcuni pozzi di Pontelagoscuro sono state calcolate le concentrazioni esorbitanti di 14.000 microgrammi al litro; il che equivale più o meno a 7 tonnellate!
I fatti elencati ci spingono a trarre alcune logiche conseguenze: nessuna condanna simbolica e/o di marginale rilevanza ha potuto arginare la marcia assassina di queste imprese il cui unico fine è stato, è e rimarrà sempre il profitto; è necessario, in primo luogo, capire ciò. La delega delle proprie rivendicazioni per quel che riguarda la propria salute ad organi istituzionali, come la magistratura, è una pratica inidonea e anche difficilmente percorribile quando si ha a che fare con grandi multinazionali, è opportuno spostare decisamente l’asse della lotta dai tribunali ai luoghi di sfruttamento effettivo. I lavoratori, e gli uomini tutti, non hanno che una possibilità per sopravvivere: ridivenire consapevoli del fatto che la loro forza risiede solo in loro e non nelle macchine al servizio dei padroni, si chiamino queste tribunali o sindacati confederali (che anche quando in buona fede pospongono la salute all’occupazione). L’esigenza della produzione continuerà a prescindere dalle esigenze di tutela della salute finché la difesa delle nostre vite non verrà portata avanti da una lotta serrata contro lo sfruttamento in ogni sua manifestazione.