“Il Grido delle Ninfee” num. 5,5 – Democrazia partecipata?

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N°5,5 GENNAIO-FEBBRAIO 2008
Numero speciale: democrazia partecipata?
NO grazie! Noi non partecipiamo!

LA QUESTIONE DELLE NOCIVITÀ NON PUÒ ESSERE DISGIUNTA DA UNA RIFLESSIONE COMPLESSIVA SULLE CAUSE PRIMARIE DELLE SCELTE CHE PRODUCONO LE STESSE E, QUINDI, DA UNA CRITICA GENERALIZZATA ALLO STESSO SISTEMA GENERANTE. ESSERE CONTRARI ALL’ESTENDERSI E AL DIFFONDERSI DI UNA CULTURA DI AVVELENAMENTO SOCIALE E DISTRUZIONE AMBIENTALE SIGNIFICA CONFRONTARSI CON I MOTIVI CHE NE HANNO PORTATO IL VERIFICARSI. NON POSSIAMO CHIAMARCI FUORI! NOI TUTTI SIAMO CONDIZIONATI DAGLI EVENTI E DALLE MODIFICAZIONI SOCIALI CHE QUESTE SCELTE SISTEMATICHE VENGONO A CREARE: TANTO PIÙ NE SAREMO SOGGETTI QUANTO PIÙ SI ESTENDERANNO E PARRANNO PROGETTI DIFFICILMENTE SORMONTABILI. INSISTENDO SUL LEGAME CHE INTERCORRE TRA NOCIVITÀ (EFFETTO) E SISTEMA-DOMINIO (CAUSA), DI FATTO MANIFESTIAMO LA NOSTRA VOLONTÀ DI SPINGERCI AL DI LA DI UNA CRITICA STUCCHEVOLE E LANGUIDA, CHE NON TIENE CONTO DEI VERI PROBLEMI. SE LA NOSTRA SALUTE È IMPORTANTE, BASILARE È ANCHE IL METODO CON CUI QUESTA VIENE OTTENUTA PERCHÉ OLTRE AL BENESSERE FISICO DOBBIAMO ASPIRARE ANCHE A QUELLO SOCIALE”.

UN MOVIMENTO IN BILICO TRA AUTORGANIZZAZIONE E PROPOSITI DI RINNOVAMENTO DELLA CLASSE POLITICA. COMITATI DI LOTTA POPOLARE: L’AUTOGESTIONE ANARCHICA E LIBERTARIA COME POSSIBILITÀ DI RESISTENZA ALLE DERIVE LEGALITARIE.

In questi anni si è potuto assistere ad un fiorire ininterrotto di comitati e reti che si oppongono a questo o quel progetto percepito come nocivo; un esempio su tutti il movimento NO-TAV, la cui progressione di lotte autonome ed autorganizzate ha – ad altre persone e gruppi sparsi sul territorio – suggerito le modalità con le quali opporsi concretamente ai disegni calati dall’alto di uno Stato (e quale Stato non lo è?) inequivocabilmente garante degli interessi del capitalismo internazionale. Usiamo questa parola – nocività – non a caso, dato che riesce ad includere un’ampia serie, eterogenea ma certamente collegata, di strutture ed impianti – nonché di organizzazione sociale – che col loro solo accennarsi portano ad una modificazione in negativo e ad una mortificazione (nel vero senso etimologico del termine) dell’ambiente e delle specie organiche, inclusa quella umana, che vi vivono. Dato che l’ecologia non è altro che lo studio che si interessa delle interazioni tra ambiente fisico e specie che, appunto, vi vivono e che una massima del pensiero anarchico dichiara che “ogni individuo è il frutto dei condizionamenti dell’ambiente in cui è nato, vive e matura” molti anarchici hanno aderito istintivamente ai movimenti che si occupano proprio di queste interazioni portando, dovunque questi anarchici andassero, la loro critica ed il loro contributo, cercando di radicalizzarli il più possibile. Il contatto tra gli anarchici e alcuni comitati verte principalmente su di un aspetto essenziale che entrambi hanno scelto come principio e metodo di lotta: l’autorganizzazione dal basso. Ma se i primi scelgono l’autogestione come rifiuto di riconoscere una qualche legittimità alle sovrastrutture istituzionali e come modello di intervento per realizzare la loro pratica libertaria nel presente, i secondi, il più delle volte, la abbracciano soltanto come mezzo di pressione sui governi o sulle amministrazioni locali perché questi abbiano un indirizzo più “accorto”. Questo aspetto non affatto trascurabile, perché segna il solco tra anarchici e “cittadinisti”. Mentre gli anarchici, consapevolmente, agiscono per abbattere, assieme alle nocività, la Nocività più grande che le contiene tutte e cioè il sistema economico e sociale di produzione ed accumulazione delle merci e le sue appendici politiche (Stato, governo, amministrazioni, enti locali, potere giudiziario, polizia), i “cittadinisti” non vogliono che una cosa: la democrazia partecipata. Le lotte dei comitati hanno carattere rivendicativo e parziale (richieste di “buon senso” agli amministratori; dialogo con le istituzioni; preoccupazione di dimostrare di essere interlocutori credibili; petizioni e raccolta firme; desiderio di sedersi al tavolo della concertazione e dei compromessi…), è altresì verace che la pressione costante verso l’autorità istituzionale sovente non è più mediata dall’interposizione di organi esterni alle lotte stesse, come partiti e sindacati, che quando se ne interessano non possono fare altro che strumentalizzarle per i propri fini. Questo è importante, non può essere ignorato. Ma la pressione verso le istituzioni denota soltanto il desiderio di essere ascoltati da queste, quando invece meriterebbero di essere date alle fiamme! Serve un altro passo! Serve essere contro le istituzioni! Quando la percezione di parlare al vento sarà totale? Quando si converrà che non vi è schieramento e mai vi sarà in tutta la politica di Palazzo disposto a dare un qualsiasi appoggio che non sia strumentale o di facciata? E del resto, chi lo vuole un appoggio da certa gente? Solo quando si capirà che le lotte dei vari comitati bastano a se stesse, perché riportano al centro dell’attenzione la dimensione autogestionaria, le stesse potranno essere decisamente radicalizzate; intanto le lotte, parziali fin quanto si vuole, rappresentano un momento di reale messa in discussione dell’autorità dell’istituzione-Stato e quindi realizzano spazi di intervento per la pratica di autogestione antiautoritaria tanto cara agli anarchici e ai sovversivi.

È indubbio che, quando ci si rende conto di non essere ascoltati, o si urla più forte o si tace. Chi tace sembra essersi rassegnato all’inevitabile mentre chi urla molte volte denota solamente una inclinazione a farsi potenziale interlocutore di qualcuno che non lo ascolta, se non perché vi è costretto. Beppe Grillo urla più forte di tutti e la gente lo acclama, come succedeva ai tempi di Hitler e Mussolini. È la psicologia di massa del fascismo, la stessa di allora che è valida ancora oggi. A volte invece tacere può significare anche agire, perché il tempo della parola è già passato. Si pensa generalmente che la sovraesposizione mediatica delle idee possa assicurare le simpatie dell’opinione pubblica. Bene, è vero anche il contrario! L’esposizione mediatica parecchie volte aliena la simpatia ed anche l’interesse della gente (nel duplice ruolo di corpo spettatore e corpo critico) per un semplice motivo: le informazioni sono inserite in un contesto in cui la persona viene lasciata totalmente in balia di una mole gigantesca di notizie contrastanti (fenomeno del disorientamento) nelle quali, quasi sempre, i denigratori delle lotte radicali ottengono il maggior risalto con il minimo sforzo. Il perché mi sembra inutile ricordarlo, visto che i quotidiani ed i telegiornali “democratici” (in cui tutti possono dire la loro, ovviamente solo se le loro opinioni sono “vendibili”, valgono cioè nella misura della loro spettacolarizzazione, mercificazione e commercializzazione) non sono proprio quello strumento di divulgazione disinteressata e neutra che alcuni si aspetterebbero. Molte volte l’azione basta a se stessa, inducendo con l’esempio l’opinione pubblica a riflettere. Quello di cui non abbiamo bisogno sono gli autoeletti referenti che parlano a nome di un non meglio precisato movimento: proprio perché il movimento dei comitati è composito, variegato ed eterodosso non può parlare con voce univoca, chi lo fa in sua vece o è in malafede o eccede di protagonismo oppure, come detto, si candida a divenire interlocutore accreditato dal sistema. L’unica espressione comune con cui il movimento si deve fare udire è il fragore delle iniziative pratiche contro la società delle Nocività e delle merci, cercando di mantenersi su di un terreno difficilmente riscattabile e negoziabile dai recuperatori politici. L’unico patto con le istituzioni è quello di non venire a patti!

Da un po’ di tempo a queste parti sembra che anche in casa dei comitati ambientalisti italiani, dopo quelli francesi degli anni precedenti (come scordarsi il “contadino-allevatore” Bovè e la sua mucca, che veniva esibita ad ogni manifestazione!), tiri aria di cambiamenti e la metamorfosi di alcuni “portavoce” – e degli umili lustrascarpe di questi – in navigati politicanti, ci porta alla deduzione che il vento nuovo puzza in realtà di vecchio. Siamo alle solite! Sembra proprio che ogni qual volta comincia a formarsi un movimento di una qualche rilevanza numerica ci sia sempre qualcuno con l’idea fissa di strumentalizzarlo a suo vantaggio. Ed eccone mirabili esempi: quella sagoma di Beppe Grillo – nel senso proprio della figura simulacro – nuovo paladino della causa a quanto sembra, si è scagliato in affermazioni roboanti in cui trapela tutta la smania per quel potere che afferma, a parole, di odiare (oltre ad essersela presa coi Rom, sport nazionale!). Dal principio ha lanciato l’idea delle liste civiche che, a suo dire, devono concorrere alle elezioni amministrative in ogni città. Il suo ruolo, in un primo momento, sembrava dovesse essere quello del modesto direttore dell’orchestra. Avrebbe dovuto limitarsi a dare patenti: la sua personale “approvazione” da dietro le quinte ed un “bollino di garanzia” per ogni lista che porterà il suo nome. Molto originale, davvero. Peccato che non capiamo dove stia la novità! Liste civiche ce ne sono a centinaia e non ci sembra che portando un logo con la faccia di Grillo queste offrano maggiori garanzie di altre. Ora sembra che, dopo che gli hanno detto che i sondaggi danno una sua ipotetica lista tra il 7 ed il 17%, ci abbia ripensato: mi candido! Altri comitati si stanno preoccupando di far sottoscrivere ai cittadini una serie di dichiarazioni scritte su cosa vorrebbero o si aspetterebbero dai nuovi governanti locali ed una volta terminato il sondaggio, questo verrà sottoposto a tutte le forze politiche che concorreranno alle elezioni comunali, offrendo magari voti in cambio di promesse. Anche qui, ci complimentiamo per l’ingegnosità messa in campo ma ci tocca fare la stessa domanda: dove sta la novità? Non certo nella capacità dei politici di far promesse e non mantenerle! Altri ancora, a seguito della celebrità raggiunta – popolarità quasi sempre guadagnata con l’esposizione mediatica di cui parlavamo sopra – stanno cercando di accreditarsi come univoci rappresentanti del movimento e saltano già fuori le prime ipotesi di “Liste civiche”, apparentamenti, scese in campo ed altre stronzate. Com’è facile indovinare, questi personaggi si accaseranno in una delle nasciture liste civiche, dove svolgeranno ruoli di primi attori o, alla meno peggio, busseranno alle porte di qualche partito, per ottenere almeno una carica (strapagata!) da consigliere. Per non parlare dei tanti che nei partiti già ci stanno, per cui tentano di tirare per la giacca il movimento, chi da una parte chi da un’altra, assicurando che il loro è sempre stato il partito che più si è distinto nella difesa della Salute, dell’Ambiente e via dicendo. Non so chi di costoro ci faccia più schifo! Sappiamo bene che, quando si è trattato di scegliere tra salvaguardia della Terra e della vita e difesa degli interessi economici e politici, ogni partito si è schierato dalla parte di questi ultimi e lo ha fatto senza alcuna vergogna. Tutte le leggi fatte negli ultimi anni – basta ricordare il decreto “sblocca-centrali” emanato dalla destra e gli sgravi fiscali alle imprese elargiti dalla sinistra, od ancora l’imbroglio dei cip-6 e dei certificati verdi che regalano cospicui fondi per le fonti di energia rinnovabili anche ad inceneritori e megacentrali elettriche e i continui incarichi di amministratori e politici nei direttivi di aziende quotate in borsa e che gestiscono impianti nocivi – tutte queste leggi ci dicono che, in fatto di corruzione e depravazione politica, ogni schieramento ha fatto e continua a fare la sua parte, senza nessuna eccezione ed, anzi, corruzione e depravazione non sono già un’anomalia di percorso ma la norma di un sistema nefasto fondato sul primato dell’economia sul benessere sociale ed ambientale. Anche le liste civiche, a pieno diritto, fanno parte della galassia di formazioni che tengono in piedi questo sistema e se conveniamo che il sistema è nefasto e nocivo, il concorso con questo è quantomeno ingenuo, oltre che – per come la vediamo noi – delittuoso. Se poi qualcuno, al vertice dell’idiozia, tenta addirittura di compiere il salto fatale della Lista Civica Nazionale – e cioè un giro di parole per camuffare la formazione dell’ennesimo partito politico – allora la nostra non è soltanto psicosi paranoide ma sta effettivamente accadendo una strumentalizzazione dei comitati di lotta popolare, strumentalizzazione che, purtroppo, molto spesso proviene dall’interno dei comitati stessi e dalla loro insulsa mania di ricercare del buono nel sistema attuale.

Per farla finita con il mondo della rappresentanza politica!

Gli ambientalisti “professionali” ci mostrano ancora una volta il loro lato “cittadinista” e populista. Ci riferiamo ad una lettera della dirigente di Legambiente (e Rete Lilliput) del circolo di Ferrara (di cui non facciamo il nome per evitarle pubblicità gratuita) ai giornali locali (26-2-2008), dove viene sbandierata finalmente tutta l’ossessione per la politica rappresentativa, “tradita” dai vecchi partiti.

Riportiamo ampi stralci:
<<(…) da parecchio tempo Legambiente sta diventando una associazione che si sforza di non dire solo dei NO. Si sforza a tal punto che in molti, all’ultimo congresso nazionale, hanno paventato il rischio di diventare gli ambientalisti del Sì. Ebbene, sono qui a sostenere le ragioni del NO in un momento in cui la politica – sia fatta dai partiti o dalle associazioni, sia fatta dalle imprese o dai sindacati, dalle istituzioni o dalle organizzazioni non governative – pare scegliere di dire in maniera privilegiata Sì. (…) Sì allo sfruttamento del lavoro umano, che da principio fondamentale delle repubbliche moderne, tutelato grazie alle lotte a sangue dei lavoratori, oggi viene assimilato ad un fattore tra gli altri dello sviluppo economico, oggetto di trattative finanziarie, mercanteggiato alla pari di qualsiasi oggetto destinato a diventare rifiuto. Sì all’individualismo che ci porta ad eleggere, in fittizie forme di democrazia, leader e premier, che tali non possono essere in quanto prede di interessi personali o di alleanze di potere con miriadi di sottoboschi clientelari. Un individualismo che si porta via l’idea di una collettività in cui il bene comune è più importante di quello del singolo. (…) un individualismo che ci riporta alle lotte tribali in cui scannarsi per l’imposizione del proprio totem, sia esso un tricolore o una falce e martello. (…) per questo sono a gridare che qualcuno recuperi un uso coraggioso del NO. NO alla politica dei privilegi che lascia seduti sui redditizi scranni parlamentari i soliti noti per intere generazioni. (…) NO alle solite candidature di potere per chi sceglie l’arcobaleno della Pace per presentarsi alle prossime elezioni. Un solo grande Sì c’è da mettere in campo: Sì alla sfida di osare cambiare strategia, metodi e persone da parte di chi ritiene che la parola sinistra abbia un preciso significato accanto alla parola arcobaleno.>>

Ci viene da chieder subito: ma l’ultimo Sì non include tutti gli altri?

Gettarsi contro lo sfruttamento del lavoro non accorgendosi che lo stesso lavoro salariato è di per sé sfruttamento a tutto beneficio delle “repubbliche moderne” è ignoranza o scaltrezza politica? Queste si sono sempre basate (e sempre sarà così in regime di accumulazione capitalista; anche in uno stato socialista se l’economia dell’accumulazione resta in piedi, come ben dimostrato in Russia, dove dalla rivoluzione di ottobre invece che “il nuovo mondo” auspicato sorse la peggior forma di capitalismo di Stato!) su “trattative finanziarie”, facendo del lavoro “un fattore tra gli altri dello sviluppo economico”, “mercanteggiato alla pari di qualsiasi oggetto destinato a diventare rifiuto”

Quanto alla gogna dell’individualismo, che dire! È l’individualismo che “ci porta ad eleggere, in fittizie forme di democrazia, leader e premier, che tali non possono essere in quanto prede di interessi personali o di alleanze di potere con miriadi di sottoboschi clientelari”? O è piuttosto il consenso complice e partecipe delle masse, che di leader e premier non possono fare a meno, poiché oramai di pensiero indipendente non hanno nemmeno l’ombra? E chi l’ha detto poi che “il bene comune è più importante di quello del singolo”? Sicuramente qualche dittatore di altre epoche o i moderni aspiranti tali! A “scannarsi per l’imposizione del proprio totem, sia esso un tricolore o una falce e martello” sono proprio i partiti politici e quelle formazioni che gli si avvicinano, siano esse “associazioni, imprese o sindacati, istituzioni o organizzazioni non governative”. A quali “lotte tribali” passate, poi, si riferisca il dirigente di Legambiente, nel dipingere il quadro odierno, non è dato sapere. Ricordiamo che la vita comunitaria, prima dell’avvento dell’era industriale e tecnologica e prima che il processo forzato di civilizzazione smembrasse, oltre che l’ambiente intero, anche i rapporti tra individui, era ben più desiderabile di quella a cui siamo abituati oggi.

Non vi erano capi a dettare leggi, né schiere di poliziotti armati per farle rispettare. Le guerre tra tribù “rivali” erano pressoché inesistenti, dato che il numero di uomini sulla terra non era certo quello attuale (ora il nemico da cui proteggersi è il vicino di casa, in un delirio in cui tutti siamo diventati potenziali assassini, delinquenti o terroristi!). La gerarchia non esisteva e i lavori erano suddivisi di comune accordo e servivano per le necessità immediate di ogni singolo individuo ed il lavoro impegnava una piccola parte del giorno. Bisogna smettere di dipingere la cosiddetta era primitiva, che rappresenta più del 90% della storia umana, come un brodo di coltura infernale; chi lo fa, evidentemente, è perfettamente a suo agio nella realtà odierna e soddisfatto di quanto questa realtà produce e cioè guerre, disastri ecologici, sfruttamento, oppressione e morte. Il consiglio è di leggere qualche bel albo di antropologia!

Dopo il NO all’individualismo, che evidentemente dà fastidio, dalla dirigente di Legambiente arriva il SI “grande” “di chi ritiene che la parola sinistra abbia un preciso significato accanto alla parola arcobaleno”. Un Sì che vuole sui “redditizi scranni parlamentari” non “i soliti noti” ma nuove “strategie, metodi e persone” da “presentarsi alle prossime elezioni”. Insomma: “NO alle solite candidature!!
Cos’è un’autocandidatura? Una candidatura di parte del movimento ambientalista?
O è solamente l’arte politica di “una associazione che si sforza di non dire solo dei NO”?
Abbiamo ben visto come Ermete Realacci, che di Legambiente è stato il presidente ed un pezzo grosso degli “ambientalisti” da Palazzo, ore entrato nelle liste del PD, sia diventato un “ambientalista dei Sì”!
Realacci, favorevole agli inceneritori, non perde un’occasione per propugnare la loro costruzione e corre qua e là, da Napoli a Ferrara, dove l’anno scorso è intervenuto ad un incontro alla facoltà di Ingegneria, in pieno dibattito sull’ampliamento dell’inceneritore Hera di Cassana.
In quell’occasione abbiamo avuto il piacere di sventolargli davanti alla faccia i manifestini contro ogni Nocività, tra cui vanno ovviamente comprese anche siffatte tipologie di “ambientalisti”.
In un clima dove i primattori sono Grillo e i suoi epigoni più o meno riusciti và riconosciuto l’infame merito di quella che viene chiamata “antipolitica” nell’essere stata in grado di gettare le basi per un riordino della classe dirigente.
Il “cittadinismo” chiede a gran voce che la politica sia riformata, non accenna nemmeno a comprendere che il vero problema non sta nella forma ma nella sostanza.
I partiti cambiano nome e facce ma il sistema, quello riamane! Ed è proprio a questo stesso sistema che alcuni “ambientalisti” si appellano, affinché il sistema li ascolti e faccia tesoro delle loro lamentele.
Non vogliono che il sistema cambi ma chiedono che cambino gli uomini al governo di questo sistema.
Ed i partiti sono lieti di accontentarli, perché l’insoddisfazione si traduca in consenso e, come diceva qualcuno, perché “tutto possa cambiare perché tutto possa rimanere come prima!”

State attenti a quelli che vi dicono che vogliono cambiare tutto e per farlo si avvalgono dei mezzi del sistema che ci avvelena e ci uccide, ci sfrutta e ci opprime. L’unica cosa che cambieranno sarà la loro posizione sociale, che guadagnerà qualche scalino.
Le Nocività del sistema non sono riformabili o migliorabili; chi ve lo fa credere è un affabulatore.
Lo stesso sistema non è ecosostenibile, né socio-sostenibile. Il sistema attuale è LA Nocività da distruggere!
Un mondo che necessita di autostrade, rigassificatori, gassificatori, termovalorizzatori, discariche, centrali a carbone, turbogas, chimica, porcilaie, allevamenti, cave, cemento, sfruttamento umano, animale e della Terra; un mondo che ha bisogno di guerre, soldati, polizia, telecamere, tribunali, carceri, carcerieri, cacciabombardieri, industrie belliche ed amenità di questo tipo è un mondo che non merita di essere salvato.
Un mondo che ha bisogno di queste cose per sostenersi non va sostenuto! Un NO coraggioso è quello di mandarlo al diavolo, una volta per tutte!

Gli ambientalisti del Sì “alle prossime elezioni”, del Sì “alla sfida di osare”, del Sì “all’arcobaleno della Pace”, con i loro appelli a salvare il salvabile, sono quanto di più lontano possa esistere dalla nostra pratica e dalla nostra idea di un’ecologia piena, radicale e biocentrica e di un’esistenza viva, libera e selvaggia.

(visto che l’appuntamento con le elezioni si avvicina, cogliamo la palla al balzo, invitando tutti i nostri lettori abituali o occasionali, a fare la cosa più logica: astenersi dal voto! Coalizioni elettorali, liste civiche, partiti vecchi e nuovi, democrazia rappresentativa non sono la soluzione ma Nocività da abbattere!!)

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