“Il Grido delle Ninfee” num. 5 – L’inceneritore Hera di Cassana (Fe)

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L’ampliamento dell’INCENERITORE di Cassana.

“LA QUESTIONE DELLE NOCIVITÀ NON PUÒ ESSERE DISGIUNTA DA UNA RIFLESSIONE COMPLESSIVA SULLE CAUSE PRIMARIE DELLE SCELTE CHE PRODUCONO LE STESSE E, QUINDI, DA UNA CRITICA GENERALIZZATA ALLO STESSO SISTEMA GENERANTE. ESSERE CONTRARI ALL’ESTENDERSI E AL DIFFONDERSI DI UNA CULTURA DI AVVELENAMENTO SOCIALE E DISTRUZIONE AMBIENTALE SIGNIFICA CONFRONTARSI CON I MOTIVI CHE NE HANNO PORTATO IL VERIFICARSI. NON POSSIAMO CHIAMARCI FUORI! NOI TUTTI SIAMO CONDIZIONATI DAGLI EVENTI E DALLE MODIFICAZIONI SOCIALI CHE QUESTE SCELTE SISTEMATICHE VENGONO A CREARE: TANTO PIÙ NE SAREMO SOGGETTI QUANTO PIÙ SI ESTENDERANNO E PARRANNO PROGETTI DIFFICILMENTE SORMONTABILI. INSISTENDO SUL LEGAME CHE INTERCORRE TRA NOCIVITÀ (EFFETTO) E SISTEMA-DOMINIO (CAUSA), DI FATTO MANIFESTIAMO LA NOSTRA VOLONTÀ DI SPINGERCI AL DI LA DI UNA CRITICA STUCCHEVOLE E LANGUIDA, CHE NON TIENE CONTO DEI VERI PROBLEMI. SE LA NOSTRA SALUTE È IMPORTANTE, BASILARE È ANCHE IL METODO CON CUI QUESTA VIENE OTTENUTA PERCHÉ OLTRE AL BENESSERE FISICO DOBBIAMO ASPIRARE ANCHE A QUELLO SOCIALE”.

Quando l’inutile genera utile.
Quella che stiamo vivendo è un’età in cui anche la vita ha il suo giusto prezzo: la vita degli uomini, sfruttati ed ingannati, trasportati come merci sui luoghi di lavoro, magari ad Alta Velocità per far prima (che il tempo, si sa, è denaro!), precarizzati e gettati come una confezione di prosciutto umano vuota o, peggio ancora, scaduta, avariata da troppi anni di usurante sudditanza fisica e psicologica… ma anche la vita in quanto tale, svenduta, comprata, brevettata, privatizzata ad uso e abuso degli affaristi di turno e per la conservazione dello status quo dell’occidente civilizzato (a cui l’oriente va conformandosi, con le buone, volontariamente, o con le cattive), spiccatamente indifferente di fronte allo stupro continuato inflitto alla Grande Madre, la Natura. Ma mentre la vita perde di significato, quello che rimane di essa diviene sotto-prodotto alienabile ed anche lo scarto assume un valore. Come stupirci, allora, se l’immondizia, il rifiuto, financo la merda, per quest’ordine sociale ed economico, assumono un valore che fino a non troppo tempo fa non possedevano (forse perché non troppo tempo fa e sicuramente prima del processo di industrializzazione lo scarto non occupava che una modesta quantità di spazio pubblico e le merci erano più durevoli)? Con la merda, una volta, ci si poteva concimare l’orto, ora, invece, anche lo scarto ha il suo business, il suo valore di mercato, al pari di ogni altra merce. Mai come oggi, d’altronde, la società è influenzata dalla circolazione delle merci: “Siamo consumatori in una società dei consumi. La società dei consumi è una società di mercato, siamo tutti nel e sul mercato, al tempo stesso, o in modo intercambiale, clienti e merci”. (zygmunt bauman, vite di scarto). E tanto più queste ultime sono deteriorabili, aggiungiamo noi, tanto meglio per il percorso della loro circolazione, che non è soltanto limitato allo smistamento e al trasporto ma inizia dalla produzione per finire immancabilmente con la trasformazione in scarto. Essendo lo scarto una merce in esubero e dall’afflusso costantemente crescente, è chiaro che, in un’ottica capitalistica, rappresenta una fonte di guadagno sicuro, un ramo d’affari estremamente remunerativo e che permette di recuperare gli investimenti nel giro di pochissimo tempo. E la facile reperibilità del prodotto è una garanzia per il futuro. Un prodotto inutile che produce utile, bizzarro, no? In questo numero parliamo dell’inceneritore di Ferrara e del suo ampliamento, non a caso. L’incenerimento dei rifiuti è l’ultima fase, ben congeniata (tra escamotage e finanziamenti pubblici), in cui le merci terminano la loro circolazione visibile e cominciano quella anonima, sottoforma di inquinamento. Se si trattasse solo di merda andrebbe ancora bene ma le sostanze emesse (in aria, acqua e terra) dagli inceneritori non sono soltanto sgradevoli al naso ma uccidono. E le scorie e le ceneri residue prodotte non sono certo buone per concimare l’orto e l’insalata.

In questi ultimi mesi si è fatto un gran parlare intorno alla gravosa questione dei rifiuti e del loro smaltimento. L’emergenza che si è presentata a Napoli ha riportato agli onori della cronaca quello che si può sicuramente annoverare come uno dei problemi più seri del mondo contemporaneo: la gestione dei propri scarti. Rifiuti, rifiuti ovunque. Siamo ormai sommersi dai nostri stessi rifiuti. Quale migliore soluzione allora che farli sparire? Distruggerli una volta per tutte bruciandoli? E perché no, magari da ciò ricavarne un po’ di energia elettrica che non guasta mai? Già, perché il messaggio che chi progetta e realizza i moderni “termovalorizzatori” (al secolo, inceneritori) vuole far passare è proprio questo: bruciare gli scarti non produce altro che energia! Evidentemente, per la maggiore, stanno riuscendo nei loro scopi. Davvero sembra che i rifiuti svaniscano, se no come si può spiegare l’atteggiamento comune, che di scarti di ogni genere ne produce sempre più? Si dice “è impossibile vivere senza produrre rifiuti”, ma tanto ci pensano i magnati dell’inceneritore a ripulire le strade dai cassonetti straripanti e l’aria da odori non sempre gratificanti. E, d’altro canto, una scelta di vita etica che riduca a zero la produzione di rifiuti cosa potrebbe portare all’immenso business e commercio dell’incenerimento se non un misero tracollo? Vediamo allora da vicino cosa significa bruciare rifiuti. Innanzitutto trasformare molti materiali innocui allo stato solido e potenzialmente riutilizzabili in sostanze tossiche, pericolose per la salute e per l’ambiente. Gli impianti di incenerimento possono emettere oltre 250 tipi di diverse sostanze chimiche. Tra queste rileviamo le più pericolose: arsenico, berillio, cadmio, cromo, nickel, mercurio, furani e diossine. Per quanto riguarda queste ultime, di cui è impossibile ridurre l’emissione, ricordiamo che hanno poteri cancerogeni e mutageni. Il loro principale canale di trasmissione è tramite la catena alimentare. Possono facilmente essere presenti in carni e derivati animali, quali il latte ed il formaggio (di qui un’ulteriore incentivo ad abbracciare uno stile di alimentazione vegan che ne elimini il consumo). Non è inutile ricordare come qualsiasi processo di combustione necessiti di ossigeno (prodotto per mezzo della fotosintesi clorofilliana) e rilasci nell’atmosfera, oltre all’onnipresente CO2, i residui dei materiali bruciati e nuove sostanze chimiche. Gli impatti su ambiente e salute sono connessi alla produzione e gestione dei residui solidi (ceneri e scorie di vario tipo) e alle emissioni dei camini. Trasformando (e non distruggendo!) i rifiuti si hanno vari tipi di residui dovuti alla combustione: fumi, polveri, ceneri, scorie ed acque di scarico. E’ stato rilevato che, per quanto riguarda le polveri, queste avranno minore dimensione quanto più alte saranno le temperature di combustione. Gli impianti di incenerimento generano, infatti, PM 2,5 fini e PM 0,1, di cui non esistono livelli di sicurezza di emissione e che sono le polveri più pericolose per la salute, dal momento che possono penetrare più facilmente nell’organismo. Come se ciò non bastasse il particolato fine come il 2,5 può essere scarsamente filtrato mentre per quello ultrafine inferiore a 1 questa operazione risulta impossibile. Ricordiamo che alle micropolveri sono imputate oltre 3500 morti premature l’anno. Queste polveri, inoltre, hanno la proprietà di legarsi ed assorbire metalli tossici e tossine organiche. Da qui l’origine delle suddette diossine.

Veniamo ora all’imbroglio della termovalorizzazione – Una vera e propria presa per il culo, utile solo a ricevere incentivi statali! Si pretende di usare parte del calore della combustione per produrre vapore che produca energia elettrica per mezzo di turbine. Peccato che l’attività sia limitatissima; consente un recupero di energia che non supera mai il 20% del potenziale calorifico totale dei rifiuti da bruciare. Ma c’è di più! Oltre al danno, la beffa! Nel nostro bel paese l’industria dell’incenerimento ottiene generosi sussidi pubblici che consentono di vendere a Enel e al Gestore della Rete Nazionale l’energia elettrica prodotta tramite la termovalorizzazione ad un prezzo tre volte superiore a quello di mercato. Tale “maggiorazione” è pagata utilizzando il 7% della bolletta elettrica sotto la voce “costruzione impianti fonti rinnovabili”. Tutto ciò è reso possibile da un provvedimento adottato dal Comitato Interministeriale Prezzi, noto come CIP6, nel 1992. Con questo meccanismo vengono incentivati i prezzi dell’energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e assimilate, di cui si scopre che gli impianti di incenerimento dei rifiuti, o termovalorizzatori, fanno parte. Perfino l’Unione Europea ha sanzionato più volte la Stato italiano per avere assimilato il CDR (Combustibile Derivato da Rifiuti) a fonte rinnovabile.

Poteva forse Ferrara non inserirsi in un così roseo quadretto? Certo, ma finché c’è la prospettiva di guadagno a scapito di ogni altra sfera della vita, l’approfittatore di turno vi si getterà a capofitto. E di chi parliamo stavolta? Ma del gruppo Hera, ovviamente! L’ex municipalizzata semi-privatizzata – ora Multi-utility quotata persino in borsa – dell’acqua e dell’energia, gestisce anche il business dei rifiuti e del loro incenerimento. (Sarà presto disponibile un dossier su Hera, curato dagli estensori di questo bollettino).

L’impianto di Ferrara, gestito appunto da Hera, è un inceneritore di rifiuti non pericolosi ubicato in Via Diana 44 nella frazione di Cassana. Dista, in linea d’aria, quasi 6 km dal centro della città. E’ situato nella zona Nord-Ovest che, oltre al suddetto inceneritore, può “vantare” la presenza del Polo chimico (estensione pari all’entro-mura cittadino, più di 20 impianti tra cui 10 classificati come pericolosi, quasi 130 camini) e della zona della Piccola Media Industria (una sessantina di camini). L’impianto di Hera è situato nelle estreme vicinanze del Canale di Burana, le cui acque del bacino sotterraneo sono attualmente attestate come “mediocri” per quanto riguarda la qualità del loro stato ambientale. La vecchia linea di Termovalorizzazione ha una potenzialità di smaltimento pari a 35.000-40.000 tonnellate/anno. Il 30 dicembre 2005 Hera presenta l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e il 23 ottobre 2006 ne presenta la modifica sostanziale. Il progetto è “triplicare” l’impianto: portare a tre le linee di Termovalorizzazione, quindi una esistente e due di nuova costruzione. Con questa operazione la potenzialità di smaltimento avrebbe dovuto passare da 35.000/40.000 t/a a ben 142.000 t/a. Le linee 2 e 3 sono ormai completate. Hera, tramite l’AIA. chiedeva l’autorizzazione a:
– esercizio impianto così come configurato dopo le modifiche;
– esercizio deposito preliminare del polverino;
– esercizio deposito preliminare delle scorie (di nuova costruzione);
– emissioni in atmosfera;
– scarichi idrici nella rete fognaria pubblica.

Per quanto riguarda lo smaltimento, le 142.000 t/a dovevano essere così raggiunte: 5.000 t di rifiuti sanitari, 5.000 t di rifiuti speciali non pericolosi e le restanti 132.000 t di rifiuti urbani, anche se recentemente le stime sono state lievemente rivedute dalla Conferenza dei servizi della Provincia, che il 31 ottobre (termine in cui scadeva la vecchia VIA) ha rilasciato l’autorizzazione definitiva (i rifiuti speciali sono passati a 20.000). Piccola parentesi: il Piano Rifiuti della Provincia di Ferrara prevede di smaltire a Cassana prioritariamente i rifiuti della provincia. Cioè, non chiude la porta per eventuali importazioni di rifiuti da altri territori…
La termovalorizzazione si genererà prendendo parte del calore della combustione che servirà a produrre quel vapore necessario ad alimentare una turbina a prelievo regolato per poter produrre così energia elettrica. Oltre a questo, l’impianto di teleriscaldamento riceve calore anche da due centrali termiche (CTA e CTB), alimentate a metano. Il fabbisogno energetico, però, è già coperto abbondantemente e non è difficile immaginare come questa energia prodotta “ex novo” sia destinata alla vendita. Secondo le stime, si prevede la produzione di 35.500 tonnellate annue di scorie e di 7.100 di polverino. Le sostanze inquinanti emesse sotto forma di gas e polveri da un impianto di incenerimento si diffondono inevitabilmente nell’ambiente circostante. Il problema non è circoscrivibile all’area attigua all’impianto, in quanto le particelle solide, i composti organici volatili e semivolatili (come diossine e PCB) possono essere trasportate per mezzo di correnti aeree anche a notevoli distanze dalla fonte d’emissione. Si parla anche dell’emissione totale di polveri: viene stimata intorno alle 8,9 tonnellate annue. Nell’AIA lo stato dell’aria è stato esaminato e trattato marginalmente e grossolanamente. Non è presente, inoltre, nessun accenno alla situazione sanitaria ferrarese che registra, ad esempio, come terza causa di decesso nel 2004 le malattie dell’apparato respiratorio. La città si mantiene ancora tra i primi posti al mondo per tasso di incidenza di malattie cardiocircolatorie, cardiovascolari e cerebrovascolari. Le emissioni di polveri fini, ultrafini e di diossine non miglioreranno certamente il quadro. Ma a chi importa, quando ci si può mettere in tasca lauti finanziamenti pubblici? Nemmeno si è cercato di contenere queste emissioni! Il processo scelto per l’incenerimento dei rifiuti in questo nuovo impianto esclude ogni pretrattamento del rifiuto che permetta di abbassare le emissioni. Infine, l’AIA illustra la situazione che si verrà a creare per quanto riguarda il consumo idrico e il traffico dei mezzi pesanti: il primo si attesterà intorno ai 173.000 m3 annui, prelevati anche dall’acquedotto; il traffico pure è destinato a crescere, oltre 18.000 autocarri in entrata e in uscita. Nel settembre ‘07 la Federazione regionale dell’Ordine dei Medici esprime parere negativo sull’impianto ed invita Regione, Provincia e Comune a valutare l’impatto, rilevato estremamente negativo, sulla salute che l’ampliamento dell’inceneritore avrà. La lettera dei medici ha, tra l’altro, provocato la reazione del ministro per le attività produttive Pierluigi Bersani. Il ministro “scomunica” l’intervento dei medici, adducendo come motivazione la mancata competenza degli ultimi. Ma è un autogol. Da ogni parte piovono accuse al ministro di lobbysmo e corporativismo. Nonostante tutto, Comune, Provincia e Regione giudicano dannoso il possibile blocco degli impianti. Il massimo che si decide di fare è di imporre una prescrizione a Hera. Vale a dire: fino a quando non si potrà monitorare adeguatamente che le emissioni di sostanze inquinanti non varino considerevolmente rispetto ad oggi, l’impianto non potrà bruciare più di 130.000 tonnellate annue, con il funzionamento delle sole due linee nuove (che avrebbero dovuto bruciare 50mila tonnellate a testa ma evidentemente tutto è possibile!). Davvero una magra consolazione, se non si vuole parlare di ennesima beffa! HERA stessa ha fatto ricorso al TAR, per superare questa prescrizione perché ritiene che sia impossibile che un impianto da 130.000 ton/anno di rifiuti possa inquinare meno di uno da 40.000. del resto, non ci voleva un genio a capirlo!

Infine un paio di considerazioni – Innanzitutto va rilevato come l’incenerimento dei rifiuti, al pari del sistema discariche, non è affatto la soluzione al problema degli scarti, che il nostro opulento modus vivendi produce in quantità, davvero, industriali. E’ soprattutto un business, camuffato (o amplificato) dall’inganno della termovalorizzazione. E in questo business ci sguazzano un po’ tutti, a partire dal Comune che, tramite la propria partecipazione in Hera s.p.a., raccoglie i frutti di questa lucrosa attività. Viene quindi da chiedersi come si possa ancora demandare la difesa della propria salute ad enti ed istituzioni che hanno le mani ben in pasta nel distruggerci il futuro. Il solito serpente che si morde la coda. L’unica vera alternativa, e non panacea, alla sommersione dai rifiuti o al loro incenerimento è la loro drastica riduzione tendente alla totale eliminazione. Impossibile! ci si rimprovera. Difficile, perché presuppone un radicale mutamento di prospettiva, se si vuole di etica, e di atteggiamento. E sicuramente antieconomico. Ma realizzabile. Come? Tramite l’inversione di rotta per quanto riguarda la proliferazione di merce inutile, che rappresenta un’ampia fetta della produzione industriale. Tramite il continuo riutilizzo di ciò che si acquista, uscendo dalla ferrea legge del compra, usa, getta. Tramite la pratica dell’autoproduzione che mira a liberarci dalla schiavitù del mercato e della merce, insegnandoci a valorizzare la creatività. Se non capiremo che l’attuale sistema economico, ben lungi dall’essere al declino (ma che, anzi, sta attraversando una fase di riacutizzazione su scala mondiale), ci sta spingendo al collasso – e l’emergenza rifiuti ne è un chiaro campanello d’allarme – e che la liberazione umana, animale e della terra passano obbligatoriamente per la sua distruzione, continueremo a discorrere, come esperti e specialisti, su come tappare ogni volta il buco di turno, senza renderci conto che intorno al buco c’è ormai ben poco.

Per fargli sapere cosa pensi di loro e dell’ampliamento dell’inceneritore:

GRUPPO HERA s.p.a.
Via C. Diana, 36 – 40, Cassana (Ferrara)
Numero verde: 800.999.500
fax: 0532.780200
www.gruppohera.it

Nutiziàri frArés:
All’inizio di Dicembre, la dirigenza di Polimeri Europa, società del gruppo ENI, mette, senza preavviso, in cassa integrazione 288 dipendenti ed un altro centinaio di lavoratori di cooperative di servizi legate alle aziende del Petrolchimico si ritrovano senza lavoro e senza stipendio, per di più senza ammortizzatori sociali.
La dirigenza ha addotto il pretesto dello sciopero dei lavoratori dello stesso gruppo nello stabilimento di Porto Marghera. A causa dello sciopero – questa la difesa di ENI – sarebbe venuta meno la provvista quotidiana di etilene per Ferrara (materia usata nello stabilimento di Ferrara, per la realizzazione di imballaggi plastici e che arriva direttamente da un condotto collegato a Marghera), cosa questa rivelatasi falsa, dato che l’etilene non è mancato nello stabilimento estense. Si è poi saputo che l’azienda si sta preparando ad un grosso investimento all’estero (con l’ipotesi di graduale dismissione in Italia), cosa del resto comune a tutte le grosse multinazionali, che cercano di insediarsi in paesi dove le normative ambientali siano più indulgenti e dove la forza lavoro costi di meno.
Prima di sapere come stavano le cose e cioè che Polimeri Europa ed ENI avevano spudoratamente mentito per nascondere i loro veri motivi, alcuni lavoratori del Petrolchimico ed i sindacati confederali avevano messo sul banco degli imputati gli ambientalisti cittadini, accusandoli della mancata attivazione della megacentrale elettrica Turbogas da 800 Mw, che sarebbe dovuta partire da mesi ed invece si ritrova bloccata dopo che l’azienda proprietaria (SEF/Enipower, sempre di proprietà ENI) , disattendendo la Valutazione d’Impatto Ambientale del 2002, aveva tentato di accendere la centrale senza aver prima costruito una caldaia per il trattamento dei fumi off-gas degli stabilimenti del polo chimico, come invece avrebbe dovuto fare.
La Turbogas, infatti, secondo le solite voci, sarebbe “indispensabile” per il futuro dell’intero Polo Chimico (ci viene da chiedere: fino ad adesso come si è andati avanti?).
Facile prendersela con gli ambientalisti, più difficile farlo con una multinazionale potente come ENI. Ma non dovrebbe essere questo, invece, il lavoro dei sindacati?
Intanto alla presentazione del nuovo accordo di programma sul Polo chimico (che, ricordiamolo, è totalmente volontario e non impegna in nessun modo, come abbiamo visto con il caso di Polimeri, le aziende insediate a Ferrara), alcune assemblee pubbliche sono state strumentalizzate da noti sindacalisti in chiave anti-ambientalista e da figure di spicco dell’amministrazione comunale e provinciale. Questi ultimi figuri hanno ribadito l’importanza dell’accordo di programma, sostenendo che quello appena trascorso (l’accordo del 2001) è stato altamente rispettato, dandone un bilancio positivo. E si sono sforzati di apparire seri anche quando, dopo che qualcuno gli ha fatto notare che il punto principale dell’accordo, quello sulle bonifiche dei terreni e delle falde, è stato del tutto disatteso, hanno insistito che il loro era “un bilancio onesto”. Ah, ah, ah! Scusateci ma ci è scappato da ridere!
Noi facciamo un’altra considerazione: le bonifiche non ci sono state, anzi, non sono nemmeno cominciate; le aziende insediate a Ferrara sono di un’arroganza tipica di tutte le multinazionali, a loro non interessa né la salute dei lavoratori, né quella delle loro famiglie, né la riduzione degli inquinanti, e tantomeno gli interessa l’accordo di programma, che se firmano è soltanto per far felici sindacati e amministratori, che comunque ben sanno che non vale niente. Già con la nota vicenda delle puzze e dell’ENB dell’anno scorso, Polimeri Europa ed Eni hanno dimostrato la loro inaffidabilità, negando fino all’ultimo di essere i responsabili, come invece si appurò in seguito. La Turbogas non è partita perché quelli di ENI volevano fare i furbi e noi non piangiamo. Eni è partecipata dallo stato italiano ma fa quel che vuole e lo stato non ha nessun interesse ad impedirglielo. I lavoratori dovrebbero interessarsi di più della loro condizione e del loro sfruttamento oggettivo, visto che né lo stato né i sindacati lo fanno, e al primo posto ci sono i veleni che respirano in fabbrica, dato che sarebbe meglio migliorare la qualità dell’ambiente in fabbrica piuttosto che trasformare in una fabbrica l’ambiente intero!

E’ ufficiale: un’azienda che lavora il silicio, materia prima utilizzata per la produzione di pannelli solari è interessata ad insediarsi al Polo Chimico ferrarese. L’azienda è la Estelux (S.E.Project/Solon), azienda leader del settore. La produzione di Estelux dovrebbe attestarsi sulle 25.000 tonnellate di silicio. Tutto è pronto, si sta solamente aspettando l’attivazione della megacentrale Turbogas, che dovrebbe cedere energia elettrica e vapore alla nuova azienda ad un prezzo concorrenziale. Peccato che questo nuovo acquisto non farà che aumentare l’inquinamento complessivo di un’area già desolatamente velenifica. Infatti, Estelux sarà un’azienda altamente energivora e, incredibile ma vero, consumerà tanta energia e vapore quanto l’intero Polo Chimico. Triste che la società attuale sia tanto miope da non vedere i risultati di scelte sconsiderate. Se poi sono queste le famigerate produzioni sostenibili, beh, allora stiamo messi proprio bene!

Il grido silente
C’È UN GRIDO SILENTE CHE ATTRAVERSA QUEST’ERA DEGENERATA: È IL SOFFIO DI PROTESTA E DI LAMENTO DELLA TERRA PER OGNI VITA ANIMALE CHE SI STA ESTINGUENDO, PER OGNI MARE E FIUME INQUINATO E SFRUTTATO, PER OGNI TERRITORIO DETURPATO IRRIMEDIABILMENTE, PER OGNI PROVINCIA AVVELENATA, PER OGNI LITORALE DEVASTATO DAL CEMENTO, PER OGNI ALBERO ABBATTUTO PER FARE POSTO ALL’ENNESIMO QUARTIERE RESIDENZIALE, PER OGNI NUOVA FABBRICA COSTRUITA, PER OGNI ANTENNA E RIPETITORE INSTALLATI, PER OGNI CONTAMINAZIONE AMBIENTALE, PER OGNI NUOVO ESPERIMENTO DELLA BIOTECNOLOGIA, PER OGNI POSTO IN CUI LO SFRUTTAMENTO SCELLERATO DI QUESTO SISTEMA HA IMPOSTO IL PROPRIO DOMINIO.
È UN GRIDO, QUESTO, CHE ARRIVA A TOCCARE LE SENSIBILITÀ E LE CORDE DI COLORO CHE ANCORA RIESCONO A COGLIERNE LA DRAMMATICA NATURA MA PIÙ COMUNEMENTE NON VIENE ASCOLTATO, FINENDO PER ESSERE IGNORATO DAI PIÙ.
EPPURE, NEL SILENZIO, È UN GRIDO CHE CI DICE MOLTE COSE. NEL SILENZIO RACCONTA LA SUA TRAGEDIA, LA SUA SOFFERENZA E LA SUA NEMESI. PERCHÉ È NEL SILENZIO CHE SI STA COMPIENDO LA SCOMPARSA DI QUELLE SPECIE ANIMALI E VEGETALI CHE CONTRADDISTINSERO E QUALIFICARONO I TERRITORI CON LA LORO PRESENZA; LA GLOBALIZZAZIONE DEL VELENO E DELL’AFFARISMO NE STA SANCENDO L’ECLISSE COMPLETA, IRRIMEDIABILE.
COME LA NINFEA BIANCA, PIANTA PECULIARE DELLA ZONA MEDITERRANEA, CHE FINO A POCHI DECENNI FA ERA PRESENTE IN OGNI STAGNO E CANALE DELLA PIANURA A RIDOSSO DEL CORSO DEL FIUME PO, CARATTERIZZANDO QUESTO TERRITORIO ED ORA SI È FATALMENTE RIDOTTA A RARI ESEMPLARI, CIRCOSCRITTI IN AREE LIMITATE. LA SCOMPARSA DI UNA SPECIE TIPICA MOSTRA, PIÙ DI MILLE PAROLE, LO STATO DI UN TERRITORIO. È UN GRIDO, QUELLO DELLE NINFEE, COME DI QUALUNQUE ALTRA SPECIE, SIA ANIMALE SIA VEGETALE, CHE OCCORRERÀ ASCOLTARE, PENA LA TOTALE PERDITA DI LEGAME CON L’AMBIENTE E LA TERRA E, CONSEGUENTEMENTE, DI VIVIBILITÀ SU QUESTO PIANETA.
SERBIAMONE MEMORIA, PERCHÉ QUALCHE VOLTA IL SILENZIO SI FA TEMPESTA.

L’ampliamento dell’INCENERITORE di Cassana.

“LA QUESTIONE DELLE NOCIVITÀ NON PUÒ ESSERE DISGIUNTA DA UNA RIFLESSIONE COMPLESSIVA SULLE CAUSE PRIMARIE DELLE SCELTE CHE PRODUCONO LE STESSE E, QUINDI, DA UNA CRITICA GENERALIZZATA ALLO STESSO SISTEMA GENERANTE. ESSERE CONTRARI ALL’ESTENDERSI E AL DIFFONDERSI DI UNA CULTURA DI AVVELENAMENTO SOCIALE E DISTRUZIONE AMBIENTALE SIGNIFICA CONFRONTARSI CON I MOTIVI CHE NE HANNO PORTATO IL VERIFICARSI. NON POSSIAMO CHIAMARCI FUORI! NOI TUTTI SIAMO CONDIZIONATI DAGLI EVENTI E DALLE MODIFICAZIONI SOCIALI CHE QUESTE SCELTE SISTEMATICHE VENGONO A CREARE: TANTO PIÙ NE SAREMO SOGGETTI QUANTO PIÙ SI ESTENDERANNO E PARRANNO PROGETTI DIFFICILMENTE SORMONTABILI. INSISTENDO SUL LEGAME CHE INTERCORRE TRA NOCIVITÀ (EFFETTO) E SISTEMA-DOMINIO (CAUSA), DI FATTO MANIFESTIAMO LA NOSTRA VOLONTÀ DI SPINGERCI AL DI LA DI UNA CRITICA STUCCHEVOLE E LANGUIDA, CHE NON TIENE CONTO DEI VERI PROBLEMI. SE LA NOSTRA SALUTE È IMPORTANTE, BASILARE È ANCHE IL METODO CON CUI QUESTA VIENE OTTENUTA PERCHÉ OLTRE AL BENESSERE FISICO DOBBIAMO ASPIRARE ANCHE A QUELLO SOCIALE”.

Quando l’inutile genera utile.
Quella che stiamo vivendo è un’età in cui anche la vita ha il suo giusto prezzo: la vita degli uomini, sfruttati ed ingannati, trasportati come merci sui luoghi di lavoro, magari ad Alta Velocità per far prima (che il tempo, si sa, è denaro!), precarizzati e gettati come una confezione di prosciutto umano vuota o, peggio ancora, scaduta, avariata da troppi anni di usurante sudditanza fisica e psicologica… ma anche la vita in quanto tale, svenduta, comprata, brevettata, privatizzata ad uso e abuso degli affaristi di turno e per la conservazione dello status quo dell’occidente civilizzato (a cui l’oriente va conformandosi, con le buone, volontariamente, o con le cattive), spiccatamente indifferente di fronte allo stupro continuato inflitto alla Grande Madre, la Natura. Ma mentre la vita perde di significato, quello che rimane di essa diviene sotto-prodotto alienabile ed anche lo scarto assume un valore. Come stupirci, allora, se l’immondizia, il rifiuto, financo la merda, per quest’ordine sociale ed economico, assumono un valore che fino a non troppo tempo fa non possedevano (forse perché non troppo tempo fa e sicuramente prima del processo di industrializzazione lo scarto non occupava che una modesta quantità di spazio pubblico e le merci erano più durevoli)? Con la merda, una volta, ci si poteva concimare l’orto, ora, invece, anche lo scarto ha il suo business, il suo valore di mercato, al pari di ogni altra merce. Mai come oggi, d’altronde, la società è influenzata dalla circolazione delle merci: “Siamo consumatori in una società dei consumi. La società dei consumi è una società di mercato, siamo tutti nel e sul mercato, al tempo stesso, o in modo intercambiale, clienti e merci”. (zygmunt bauman, vite di scarto). E tanto più queste ultime sono deteriorabili, aggiungiamo noi, tanto meglio per il percorso della loro circolazione, che non è soltanto limitato allo smistamento e al trasporto ma inizia dalla produzione per finire immancabilmente con la trasformazione in scarto. Essendo lo scarto una merce in esubero e dall’afflusso costantemente crescente, è chiaro che, in un’ottica capitalistica, rappresenta una fonte di guadagno sicuro, un ramo d’affari estremamente remunerativo e che permette di recuperare gli investimenti nel giro di pochissimo tempo. E la facile reperibilità del prodotto è una garanzia per il futuro. Un prodotto inutile che produce utile, bizzarro, no? In questo numero parliamo dell’inceneritore di Ferrara e del suo ampliamento, non a caso. L’incenerimento dei rifiuti è l’ultima fase, ben congeniata (tra escamotage e finanziamenti pubblici), in cui le merci terminano la loro circolazione visibile e cominciano quella anonima, sottoforma di inquinamento. Se si trattasse solo di merda andrebbe ancora bene ma le sostanze emesse (in aria, acqua e terra) dagli inceneritori non sono soltanto sgradevoli al naso ma uccidono. E le scorie e le ceneri residue prodotte non sono certo buone per concimare l’orto e l’insalata.

In questi ultimi mesi si è fatto un gran parlare intorno alla gravosa questione dei rifiuti e del loro smaltimento. L’emergenza che si è presentata a Napoli ha riportato agli onori della cronaca quello che si può sicuramente annoverare come uno dei problemi più seri del mondo contemporaneo: la gestione dei propri scarti. Rifiuti, rifiuti ovunque. Siamo ormai sommersi dai nostri stessi rifiuti. Quale migliore soluzione allora che farli sparire? Distruggerli una volta per tutte bruciandoli? E perché no, magari da ciò ricavarne un po’ di energia elettrica che non guasta mai? Già, perché il messaggio che chi progetta e realizza i moderni “termovalorizzatori” (al secolo, inceneritori) vuole far passare è proprio questo: bruciare gli scarti non produce altro che energia! Evidentemente, per la maggiore, stanno riuscendo nei loro scopi. Davvero sembra che i rifiuti svaniscano, se no come si può spiegare l’atteggiamento comune, che di scarti di ogni genere ne produce sempre più? Si dice “è impossibile vivere senza produrre rifiuti”, ma tanto ci pensano i magnati dell’inceneritore a ripulire le strade dai cassonetti straripanti e l’aria da odori non sempre gratificanti. E, d’altro canto, una scelta di vita etica che riduca a zero la produzione di rifiuti cosa potrebbe portare all’immenso business e commercio dell’incenerimento se non un misero tracollo? Vediamo allora da vicino cosa significa bruciare rifiuti. Innanzitutto trasformare molti materiali innocui allo stato solido e potenzialmente riutilizzabili in sostanze tossiche, pericolose per la salute e per l’ambiente. Gli impianti di incenerimento possono emettere oltre 250 tipi di diverse sostanze chimiche. Tra queste rileviamo le più pericolose: arsenico, berillio, cadmio, cromo, nickel, mercurio, furani e diossine. Per quanto riguarda queste ultime, di cui è impossibile ridurre l’emissione, ricordiamo che hanno poteri cancerogeni e mutageni. Il loro principale canale di trasmissione è tramite la catena alimentare. Possono facilmente essere presenti in carni e derivati animali, quali il latte ed il formaggio (di qui un’ulteriore incentivo ad abbracciare uno stile di alimentazione vegan che ne elimini il consumo). Non è inutile ricordare come qualsiasi processo di combustione necessiti di ossigeno (prodotto per mezzo della fotosintesi clorofilliana) e rilasci nell’atmosfera, oltre all’onnipresente CO2, i residui dei materiali bruciati e nuove sostanze chimiche. Gli impatti su ambiente e salute sono connessi alla produzione e gestione dei residui solidi (ceneri e scorie di vario tipo) e alle emissioni dei camini. Trasformando (e non distruggendo!) i rifiuti si hanno vari tipi di residui dovuti alla combustione: fumi, polveri, ceneri, scorie ed acque di scarico. E’ stato rilevato che, per quanto riguarda le polveri, queste avranno minore dimensione quanto più alte saranno le temperature di combustione. Gli impianti di incenerimento generano, infatti, PM 2,5 fini e PM 0,1, di cui non esistono livelli di sicurezza di emissione e che sono le polveri più pericolose per la salute, dal momento che possono penetrare più facilmente nell’organismo. Come se ciò non bastasse il particolato fine come il 2,5 può essere scarsamente filtrato mentre per quello ultrafine inferiore a 1 questa operazione risulta impossibile. Ricordiamo che alle micropolveri sono imputate oltre 3500 morti premature l’anno. Queste polveri, inoltre, hanno la proprietà di legarsi ed assorbire metalli tossici e tossine organiche. Da qui l’origine delle suddette diossine.

Veniamo ora all’imbroglio della termovalorizzazione – Una vera e propria presa per il culo, utile solo a ricevere incentivi statali! Si pretende di usare parte del calore della combustione per produrre vapore che produca energia elettrica per mezzo di turbine. Peccato che l’attività sia limitatissima; consente un recupero di energia che non supera mai il 20% del potenziale calorifico totale dei rifiuti da bruciare. Ma c’è di più! Oltre al danno, la beffa! Nel nostro bel paese l’industria dell’incenerimento ottiene generosi sussidi pubblici che consentono di vendere a Enel e al Gestore della Rete Nazionale l’energia elettrica prodotta tramite la termovalorizzazione ad un prezzo tre volte superiore a quello di mercato. Tale “maggiorazione” è pagata utilizzando il 7% della bolletta elettrica sotto la voce “costruzione impianti fonti rinnovabili”. Tutto ciò è reso possibile da un provvedimento adottato dal Comitato Interministeriale Prezzi, noto come CIP6, nel 1992. Con questo meccanismo vengono incentivati i prezzi dell’energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e assimilate, di cui si scopre che gli impianti di incenerimento dei rifiuti, o termovalorizzatori, fanno parte. Perfino l’Unione Europea ha sanzionato più volte la Stato italiano per avere assimilato il CDR (Combustibile Derivato da Rifiuti) a fonte rinnovabile.

Poteva forse Ferrara non inserirsi in un così roseo quadretto? Certo, ma finché c’è la prospettiva di guadagno a scapito di ogni altra sfera della vita, l’approfittatore di turno vi si getterà a capofitto. E di chi parliamo stavolta? Ma del gruppo Hera, ovviamente! L’ex municipalizzata semi-privatizzata – ora Multi-utility quotata persino in borsa – dell’acqua e dell’energia, gestisce anche il business dei rifiuti e del loro incenerimento. (Sarà presto disponibile un dossier su Hera, curato dagli estensori di questo bollettino).

L’impianto di Ferrara, gestito appunto da Hera, è un inceneritore di rifiuti non pericolosi ubicato in Via Diana 44 nella frazione di Cassana. Dista, in linea d’aria, quasi 6 km dal centro della città. E’ situato nella zona Nord-Ovest che, oltre al suddetto inceneritore, può “vantare” la presenza del Polo chimico (estensione pari all’entro-mura cittadino, più di 20 impianti tra cui 10 classificati come pericolosi, quasi 130 camini) e della zona della Piccola Media Industria (una sessantina di camini). L’impianto di Hera è situato nelle estreme vicinanze del Canale di Burana, le cui acque del bacino sotterraneo sono attualmente attestate come “mediocri” per quanto riguarda la qualità del loro stato ambientale. La vecchia linea di Termovalorizzazione ha una potenzialità di smaltimento pari a 35.000-40.000 tonnellate/anno. Il 30 dicembre 2005 Hera presenta l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e il 23 ottobre 2006 ne presenta la modifica sostanziale. Il progetto è “triplicare” l’impianto: portare a tre le linee di Termovalorizzazione, quindi una esistente e due di nuova costruzione. Con questa operazione la potenzialità di smaltimento avrebbe dovuto passare da 35.000/40.000 t/a a ben 142.000 t/a. Le linee 2 e 3 sono ormai completate. Hera, tramite l’AIA. chiedeva l’autorizzazione a:
– esercizio impianto così come configurato dopo le modifiche;
– esercizio deposito preliminare del polverino;
– esercizio deposito preliminare delle scorie (di nuova costruzione);
– emissioni in atmosfera;
– scarichi idrici nella rete fognaria pubblica.

Per quanto riguarda lo smaltimento, le 142.000 t/a dovevano essere così raggiunte: 5.000 t di rifiuti sanitari, 5.000 t di rifiuti speciali non pericolosi e le restanti 132.000 t di rifiuti urbani, anche se recentemente le stime sono state lievemente rivedute dalla Conferenza dei servizi della Provincia, che il 31 ottobre (termine in cui scadeva la vecchia VIA) ha rilasciato l’autorizzazione definitiva (i rifiuti speciali sono passati a 20.000). Piccola parentesi: il Piano Rifiuti della Provincia di Ferrara prevede di smaltire a Cassana prioritariamente i rifiuti della provincia. Cioè, non chiude la porta per eventuali importazioni di rifiuti da altri territori…
La termovalorizzazione si genererà prendendo parte del calore della combustione che servirà a produrre quel vapore necessario ad alimentare una turbina a prelievo regolato per poter produrre così energia elettrica. Oltre a questo, l’impianto di teleriscaldamento riceve calore anche da due centrali termiche (CTA e CTB), alimentate a metano. Il fabbisogno energetico, però, è già coperto abbondantemente e non è difficile immaginare come questa energia prodotta “ex novo” sia destinata alla vendita. Secondo le stime, si prevede la produzione di 35.500 tonnellate annue di scorie e di 7.100 di polverino. Le sostanze inquinanti emesse sotto forma di gas e polveri da un impianto di incenerimento si diffondono inevitabilmente nell’ambiente circostante. Il problema non è circoscrivibile all’area attigua all’impianto, in quanto le particelle solide, i composti organici volatili e semivolatili (come diossine e PCB) possono essere trasportate per mezzo di correnti aeree anche a notevoli distanze dalla fonte d’emissione. Si parla anche dell’emissione totale di polveri: viene stimata intorno alle 8,9 tonnellate annue. Nell’AIA lo stato dell’aria è stato esaminato e trattato marginalmente e grossolanamente. Non è presente, inoltre, nessun accenno alla situazione sanitaria ferrarese che registra, ad esempio, come terza causa di decesso nel 2004 le malattie dell’apparato respiratorio. La città si mantiene ancora tra i primi posti al mondo per tasso di incidenza di malattie cardiocircolatorie, cardiovascolari e cerebrovascolari. Le emissioni di polveri fini, ultrafini e di diossine non miglioreranno certamente il quadro. Ma a chi importa, quando ci si può mettere in tasca lauti finanziamenti pubblici? Nemmeno si è cercato di contenere queste emissioni! Il processo scelto per l’incenerimento dei rifiuti in questo nuovo impianto esclude ogni pretrattamento del rifiuto che permetta di abbassare le emissioni. Infine, l’AIA illustra la situazione che si verrà a creare per quanto riguarda il consumo idrico e il traffico dei mezzi pesanti: il primo si attesterà intorno ai 173.000 m3 annui, prelevati anche dall’acquedotto; il traffico pure è destinato a crescere, oltre 18.000 autocarri in entrata e in uscita. Nel settembre ‘07 la Federazione regionale dell’Ordine dei Medici esprime parere negativo sull’impianto ed invita Regione, Provincia e Comune a valutare l’impatto, rilevato estremamente negativo, sulla salute che l’ampliamento dell’inceneritore avrà. La lettera dei medici ha, tra l’altro, provocato la reazione del ministro per le attività produttive Pierluigi Bersani. Il ministro “scomunica” l’intervento dei medici, adducendo come motivazione la mancata competenza degli ultimi. Ma è un autogol. Da ogni parte piovono accuse al ministro di lobbysmo e corporativismo. Nonostante tutto, Comune, Provincia e Regione giudicano dannoso il possibile blocco degli impianti. Il massimo che si decide di fare è di imporre una prescrizione a Hera. Vale a dire: fino a quando non si potrà monitorare adeguatamente che le emissioni di sostanze inquinanti non varino considerevolmente rispetto ad oggi, l’impianto non potrà bruciare più di 130.000 tonnellate annue, con il funzionamento delle sole due linee nuove (che avrebbero dovuto bruciare 50mila tonnellate a testa ma evidentemente tutto è possibile!). Davvero una magra consolazione, se non si vuole parlare di ennesima beffa! HERA stessa ha fatto ricorso al TAR, per superare questa prescrizione perché ritiene che sia impossibile che un impianto da 130.000 ton/anno di rifiuti possa inquinare meno di uno da 40.000. del resto, non ci voleva un genio a capirlo!

Infine un paio di considerazioni – Innanzitutto va rilevato come l’incenerimento dei rifiuti, al pari del sistema discariche, non è affatto la soluzione al problema degli scarti, che il nostro opulento modus vivendi produce in quantità, davvero, industriali. E’ soprattutto un business, camuffato (o amplificato) dall’inganno della termovalorizzazione. E in questo business ci sguazzano un po’ tutti, a partire dal Comune che, tramite la propria partecipazione in Hera s.p.a., raccoglie i frutti di questa lucrosa attività. Viene quindi da chiedersi come si possa ancora demandare la difesa della propria salute ad enti ed istituzioni che hanno le mani ben in pasta nel distruggerci il futuro. Il solito serpente che si morde la coda. L’unica vera alternativa, e non panacea, alla sommersione dai rifiuti o al loro incenerimento è la loro drastica riduzione tendente alla totale eliminazione. Impossibile! ci si rimprovera. Difficile, perché presuppone un radicale mutamento di prospettiva, se si vuole di etica, e di atteggiamento. E sicuramente antieconomico. Ma realizzabile. Come? Tramite l’inversione di rotta per quanto riguarda la proliferazione di merce inutile, che rappresenta un’ampia fetta della produzione industriale. Tramite il continuo riutilizzo di ciò che si acquista, uscendo dalla ferrea legge del compra, usa, getta. Tramite la pratica dell’autoproduzione che mira a liberarci dalla schiavitù del mercato e della merce, insegnandoci a valorizzare la creatività. Se non capiremo che l’attuale sistema economico, ben lungi dall’essere al declino (ma che, anzi, sta attraversando una fase di riacutizzazione su scala mondiale), ci sta spingendo al collasso – e l’emergenza rifiuti ne è un chiaro campanello d’allarme – e che la liberazione umana, animale e della terra passano obbligatoriamente per la sua distruzione, continueremo a discorrere, come esperti e specialisti, su come tappare ogni volta il buco di turno, senza renderci conto che intorno al buco c’è ormai ben poco.

Per fargli sapere cosa pensi di loro e dell’ampliamento dell’inceneritore:

GRUPPO HERA s.p.a.
Via C. Diana, 36 – 40, Cassana (Ferrara)
Numero verde: 800.999.500
fax: 0532.780200
www.gruppohera.it

Nutiziàri frArés:
All’inizio di Dicembre, la dirigenza di Polimeri Europa, società del gruppo ENI, mette, senza preavviso, in cassa integrazione 288 dipendenti ed un altro centinaio di lavoratori di cooperative di servizi legate alle aziende del Petrolchimico si ritrovano senza lavoro e senza stipendio, per di più senza ammortizzatori sociali.
La dirigenza ha addotto il pretesto dello sciopero dei lavoratori dello stesso gruppo nello stabilimento di Porto Marghera. A causa dello sciopero – questa la difesa di ENI – sarebbe venuta meno la provvista quotidiana di etilene per Ferrara (materia usata nello stabilimento di Ferrara, per la realizzazione di imballaggi plastici e che arriva direttamente da un condotto collegato a Marghera), cosa questa rivelatasi falsa, dato che l’etilene non è mancato nello stabilimento estense. Si è poi saputo che l’azienda si sta preparando ad un grosso investimento all’estero (con l’ipotesi di graduale dismissione in Italia), cosa del resto comune a tutte le grosse multinazionali, che cercano di insediarsi in paesi dove le normative ambientali siano più indulgenti e dove la forza lavoro costi di meno.
Prima di sapere come stavano le cose e cioè che Polimeri Europa ed ENI avevano spudoratamente mentito per nascondere i loro veri motivi, alcuni lavoratori del Petrolchimico ed i sindacati confederali avevano messo sul banco degli imputati gli ambientalisti cittadini, accusandoli della mancata attivazione della megacentrale elettrica Turbogas da 800 Mw, che sarebbe dovuta partire da mesi ed invece si ritrova bloccata dopo che l’azienda proprietaria (SEF/Enipower, sempre di proprietà ENI) , disattendendo la Valutazione d’Impatto Ambientale del 2002, aveva tentato di accendere la centrale senza aver prima costruito una caldaia per il trattamento dei fumi off-gas degli stabilimenti del polo chimico, come invece avrebbe dovuto fare.
La Turbogas, infatti, secondo le solite voci, sarebbe “indispensabile” per il futuro dell’intero Polo Chimico (ci viene da chiedere: fino ad adesso come si è andati avanti?).
Facile prendersela con gli ambientalisti, più difficile farlo con una multinazionale potente come ENI. Ma non dovrebbe essere questo, invece, il lavoro dei sindacati?
Intanto alla presentazione del nuovo accordo di programma sul Polo chimico (che, ricordiamolo, è totalmente volontario e non impegna in nessun modo, come abbiamo visto con il caso di Polimeri, le aziende insediate a Ferrara), alcune assemblee pubbliche sono state strumentalizzate da noti sindacalisti in chiave anti-ambientalista e da figure di spicco dell’amministrazione comunale e provinciale. Questi ultimi figuri hanno ribadito l’importanza dell’accordo di programma, sostenendo che quello appena trascorso (l’accordo del 2001) è stato altamente rispettato, dandone un bilancio positivo. E si sono sforzati di apparire seri anche quando, dopo che qualcuno gli ha fatto notare che il punto principale dell’accordo, quello sulle bonifiche dei terreni e delle falde, è stato del tutto disatteso, hanno insistito che il loro era “un bilancio onesto”. Ah, ah, ah! Scusateci ma ci è scappato da ridere!
Noi facciamo un’altra considerazione: le bonifiche non ci sono state, anzi, non sono nemmeno cominciate; le aziende insediate a Ferrara sono di un’arroganza tipica di tutte le multinazionali, a loro non interessa né la salute dei lavoratori, né quella delle loro famiglie, né la riduzione degli inquinanti, e tantomeno gli interessa l’accordo di programma, che se firmano è soltanto per far felici sindacati e amministratori, che comunque ben sanno che non vale niente. Già con la nota vicenda delle puzze e dell’ENB dell’anno scorso, Polimeri Europa ed Eni hanno dimostrato la loro inaffidabilità, negando fino all’ultimo di essere i responsabili, come invece si appurò in seguito. La Turbogas non è partita perché quelli di ENI volevano fare i furbi e noi non piangiamo. Eni è partecipata dallo stato italiano ma fa quel che vuole e lo stato non ha nessun interesse ad impedirglielo. I lavoratori dovrebbero interessarsi di più della loro condizione e del loro sfruttamento oggettivo, visto che né lo stato né i sindacati lo fanno, e al primo posto ci sono i veleni che respirano in fabbrica, dato che sarebbe meglio migliorare la qualità dell’ambiente in fabbrica piuttosto che trasformare in una fabbrica l’ambiente intero!

E’ ufficiale: un’azienda che lavora il silicio, materia prima utilizzata per la produzione di pannelli solari è interessata ad insediarsi al Polo Chimico ferrarese. L’azienda è la Estelux (S.E.Project/Solon), azienda leader del settore. La produzione di Estelux dovrebbe attestarsi sulle 25.000 tonnellate di silicio. Tutto è pronto, si sta solamente aspettando l’attivazione della megacentrale Turbogas, che dovrebbe cedere energia elettrica e vapore alla nuova azienda ad un prezzo concorrenziale. Peccato che questo nuovo acquisto non farà che aumentare l’inquinamento complessivo di un’area già desolatamente velenifica. Infatti, Estelux sarà un’azienda altamente energivora e, incredibile ma vero, consumerà tanta energia e vapore quanto l’intero Polo Chimico. Triste che la società attuale sia tanto miope da non vedere i risultati di scelte sconsiderate. Se poi sono queste le famigerate produzioni sostenibili, beh, allora stiamo messi proprio bene!

Il grido silente
C’È UN GRIDO SILENTE CHE ATTRAVERSA QUEST’ERA DEGENERATA: È IL SOFFIO DI PROTESTA E DI LAMENTO DELLA TERRA PER OGNI VITA ANIMALE CHE SI STA ESTINGUENDO, PER OGNI MARE E FIUME INQUINATO E SFRUTTATO, PER OGNI TERRITORIO DETURPATO IRRIMEDIABILMENTE, PER OGNI PROVINCIA AVVELENATA, PER OGNI LITORALE DEVASTATO DAL CEMENTO, PER OGNI ALBERO ABBATTUTO PER FARE POSTO ALL’ENNESIMO QUARTIERE RESIDENZIALE, PER OGNI NUOVA FABBRICA COSTRUITA, PER OGNI ANTENNA E RIPETITORE INSTALLATI, PER OGNI CONTAMINAZIONE AMBIENTALE, PER OGNI NUOVO ESPERIMENTO DELLA BIOTECNOLOGIA, PER OGNI POSTO IN CUI LO SFRUTTAMENTO SCELLERATO DI QUESTO SISTEMA HA IMPOSTO IL PROPRIO DOMINIO.
È UN GRIDO, QUESTO, CHE ARRIVA A TOCCARE LE SENSIBILITÀ E LE CORDE DI COLORO CHE ANCORA RIESCONO A COGLIERNE LA DRAMMATICA NATURA MA PIÙ COMUNEMENTE NON VIENE ASCOLTATO, FINENDO PER ESSERE IGNORATO DAI PIÙ.
EPPURE, NEL SILENZIO, È UN GRIDO CHE CI DICE MOLTE COSE. NEL SILENZIO RACCONTA LA SUA TRAGEDIA, LA SUA SOFFERENZA E LA SUA NEMESI. PERCHÉ È NEL SILENZIO CHE SI STA COMPIENDO LA SCOMPARSA DI QUELLE SPECIE ANIMALI E VEGETALI CHE CONTRADDISTINSERO E QUALIFICARONO I TERRITORI CON LA LORO PRESENZA; LA GLOBALIZZAZIONE DEL VELENO E DELL’AFFARISMO NE STA SANCENDO L’ECLISSE COMPLETA, IRRIMEDIABILE.
COME LA NINFEA BIANCA, PIANTA PECULIARE DELLA ZONA MEDITERRANEA, CHE FINO A POCHI DECENNI FA ERA PRESENTE IN OGNI STAGNO E CANALE DELLA PIANURA A RIDOSSO DEL CORSO DEL FIUME PO, CARATTERIZZANDO QUESTO TERRITORIO ED ORA SI È FATALMENTE RIDOTTA A RARI ESEMPLARI, CIRCOSCRITTI IN AREE LIMITATE. LA SCOMPARSA DI UNA SPECIE TIPICA MOSTRA, PIÙ DI MILLE PAROLE, LO STATO DI UN TERRITORIO. È UN GRIDO, QUELLO DELLE NINFEE, COME DI QUALUNQUE ALTRA SPECIE, SIA ANIMALE SIA VEGETALE, CHE OCCORRERÀ ASCOLTARE, PENA LA TOTALE PERDITA DI LEGAME CON L’AMBIENTE E LA TERRA E, CONSEGUENTEMENTE, DI VIVIBILITÀ SU QUESTO PIANETA.
SERBIAMONE MEMORIA, PERCHÉ QUALCHE VOLTA IL SILENZIO SI FA TEMPESTA.

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