Nuove occupazioni e sceriffi ritrovati.

Quando si vive in un mondo di merda, che ci regala sofferenze e privazioni, quanda si subiscono continue prevaricazioni da parte del potere, sfrontato nella sua arroganza ostentata e nella sua opulenza sfacciata, quando capita tutto questo accade di trovarsi di fronte a due strade che potrebbero percorrersi. Una, quella piu` comoda, senza pericoli apparenti, punta tutto sulla remissivita` vergognosa di fronte al padrone di turno, sul rispetto cioe` di qualsiasi norma di sottomissione sia richiesta, pur di tirare a campare senza l`incomoda presenza di una dignita` personale. l-altra, dove certamente vi e` piu` da arrischiare, presuppone il cercare non solo nuovi modi per sopravvivere, ma soprattutto di ragionare.  Parte, cioe`, dal presupposto dell`abbandono delle regole del gioco proprie dei padroni, e a cui spesso abbiamo fatto l`abitudine, per buttarsi in un nuovo gioco della vita, che sia un gioco di cui noi soltanto, e non altri, abbiamo la facolta` e decidiamo, nel pieno della nostra sovranita` d`individui, di scrivere le regole (da soli o assieme ad altri). Un bel esempio di percorrenza di questa seconda via e` data dalla gpratica, destinata a divenire sempre meno irrituale,  di rioccupazione di case sfitte o lasciate marcire dall`incuria e dalla speculazione di istituzioni e proprietari. L`ultimo, in ordine di tempo, arriva da Genova, dove un gruppo di compagni recentemente sgomberati da un`altra occupazione, di nuovo ha deciso di entrae in uno stabile vuoto e farlo rivivere. I soliti ceffi di partito, ben supportati dai giornalisti di quella citta`, dando inizio al consueto show di appelli di sdegno per l`episodio, invitano ad usare le maniere spicce nei confronti di quanti si sono macchiati, ai loro occhi, di aver agito senza rispetto della loro autorita`. In mezzo a tanta retorica, che francamente non commuove piu` nessuno, non poteva far mancare la sua non richiesta elucubrazione maniacale Sergio Cofferati, gia` in prima fila contro le occupazioni quando rivestiva il ruolo di sindaco/sceriffo di Bologna. Cofferati, indimenticato ex segretario nazionale della CGIL dal 1994 al 2002, in cui ha ben leccato il culo ai padroni e a Confindustria, nonche` parlamentare europeo per il Partito Democratico, sembra  incarnare la personificazione dell`uomo dello Stato (in questo caso con parvenze di sinsitra) in lotta perenne contro le rivendicazione degli individui. Sergio Cofferati ha parlato in merito alla vicenda delle case occupate a Genova. Lo ha fatto sulle pagine del “Secolo XIX”, dove ha invitato il sindaco Marco Doria alla “tolleranza zero” riguardo alle nuove occupazioni di palazzo Grillo in piazza delle Vigne e di alcune case sfitte in vico Untoria. “Le regole devono valere per tutti. Anche le forme di autogestione devono comunque rispettare le regole. Il problema che Comune e sindaco devono affrontare è quello dei criteri: gli spazi non possono essere scelti dai cittadini, ma assegnati”. Ed ancora: “Di fronte all’infrazione delle regole non si può essere tolleranti”.Interessante spunto di riflessione, per tutti, e` soprattutto la frase in cui l`ex sceriffo ritrovato dice, testualmente, che GLI SPAZI NON POSSONO ESSERE SCELTI DAI CITTADINI, MA ASSEGNATI dall`alto. Questa frase, da sola, chiarisce, se ce ne fosse il bisogno, quale sia l`idea che dei cosiddetti cittadini hanno i politici tutti. Secondo i propositi dei politici questi dovrebbero rimanere sudditi supplicanti e senza nerbo, idioti dall`inchino facile che non tenterebbero mai un azzardo di liberta`. Cofferati, e tutti i politici con lui, temono che gli individui comincino a prendere coscienza della possibilita` di vivere senza di loro, mentre vorrebbero si continuasse ad elemosinare all`infinito la possibilita` di vivere. Vorrebbero, questa la loro speranza, che chi e` senza una casa morisse di stenti in strada piuttosto che aprire una porta, che chi ha fame patisse i dolori e i morsi della miseria che il sistema capitalista che difendono ha creato e che il loro Stato accelera ogni giorno con nuove norme contro le classi sociali subalterne. Vorrebbero, questa la loro speranza, che gli individui se ne restassero buoni a morire, quando sono  sempre piu` quelli che invece vogliono vivere e farlo finalmente pienamente.  
E` questo il momento in cui i politici invocano a gran voce sempre e solo la stessa cosa:  LA GHIGLIOTTINA PER I RIBELLI DI QUESTO ESISTENTE!
 
Qui sotto il comunicato degli occupanti di Vico Untoria 3 (tratto da http://informa-azione.info)
 
Ci togliete la casa, ci riprendiamo tutto – Occupato vico Untoria 3
Oggi 12 agosto prendiamo possesso dei sei appartementi di Vico Untoria 3, nel Ghetto del centro storico genovese. Li occupiamo perché siamo tutti senza una casa, da quando, martedì 7 agosto, le autorità genovesi hanno deciso di sgomberarci dalla casa occupata di via dei Giustiniani 19. Li occupiamo perché non possiamo permetterci un affitto e perché riteniamo giusto e legittimo non pagarlo nel momento in cui decine di migliaia di spazi, abitativi e non, vengono lasciati vuoti e inutilizzati dalle amministrazioni pubbliche, dalla Chiesa e da ricchi privati di vario genere per mantenere alti i livelli del mercato immobiliare. Li occupiamo perché vogliamo continuare a vivere insieme, perché crediamo che l’autorganizzazione e la condivisione reale siano anch’esse modi per fronteggiare la miseria materiale e affettiva a cui l’attuale società costringe tutti quanti.
Occupiamo questo edificio consapevoli che a fine mese partirà un bando di concorso per la sua assegnazione.
I proprietari, Ri.Genova e il Comune, diranno che rubiamo le case ai poveri, che ostacoliamo un progetto sociale, un esempio concreto di sana gestione della “cosa pubblica”.
Non è così. Abbiamo letto il bando e abbiamo capito le reali intenzioni del Comune e di Ri.Genova su questo edificio e sulla generale riqualificazione di questa fetta di centro storico.
Abbiamo capito che per la giunta Doria, quella dell’amministrazione partecipata, la giunta vicina ai cittadini, per avere “diritto” ad una casa bisogna, sostanzialmente, non essere poveri. Di fatto bisogna avere tutte quelle garanzie sociali che da anni stanno venendo meno come un lavoro fisso e un reddito stabile. E’ necessario non avere debiti con Equitalia o enti affini, non aver subito sfratti per morosità (proprio nella città che ne presenta, con il 73%, la più alta percentuale d’Italia); meglio ancora essere una coppia etero e un nucleo familiare tradizionale.
Tutti questi criteri di assegnazione evidenziano uno scollamento dalla realtà sociale fatta di precarietà, disoccupazione, indigenza e la volontà di escludere una buona fetta di popolazione con bisogni e necessità urgenti, dettati proprio da quelle condizioni materiali e umane non considerate prioritarie dal Comune. Si escludono anche tutte quelle forme di convivenza e condivisione non normate, liberamente scelte e praticate come sostegno e appoggio reciproco alternative alla famiglia tradizionale.
Si tratta di una scelta precisa che mostra quale tipo di riqualificazione l’amministrazione vuole attuare, guardando anche agli altri interventi che si stanno portando avanti.
Il quartiere del Ghetto, oggi presentato come una delle zone buie del centro storico, in mano al degrado, allo spaccio e alla criminalità, con un’altissima precentuale di immigrati, dovrebbe subire quella serie di interventi urbanistici tipici ormai di moltissimi centri cittadini d’Europa e nota come gentrification: rimessa a nuovo estetica, innalzamento dei prezzi immobiliari e commerciali, espulsione dei suoi storici abitanti e comunità popolari ed inserimento di nuove fasce di popolazione abbienti per rimodellarne il volto.
Non vi sarà alcun posto, nel Ghetto del futuro, per chi lo vive, lo anima e lo valorizza con la sua presenza. Piuttosto diventerà una vetrina chic per i turisti, con la sua particolarità storica mantenuta solo di facciata, abitato da manager e ricchi con pruriti alternativi.
Un processo di questa portata non si realizza da un giorno all’altro. Non sarebbe possibile, oggi, alzare di molto il valore immobiliare reale di questo quartiere. E, soprattutto, nessun ricco vi si inserirebbe, ora.
Ecco il perché di un bando simile. Inserire una fascia di popolazione intermedia che contribuisca a modificare a poco a poco la realtà sociale, spostando progressivamente i poveri lontano dal centro e ammassandoli nelle periferie.
Noi rifiutiamo di accettare la completa distruzione della comunità umana, del carattere popolare dei quartieri che ancora la conservano. Pensiamo che solo i rapporti reali e concreti della gente che li abitano possano valorizzarli e renderli vivi.
Noi non riconosciamo all’amministrazione comunale alcuna leggitimità per decidere sui nostri e altrui bisogni. Per queste ragioni ci riprendiamo una piccola parte di ciò che è anche nostro.
Noi siamo gli invendibili, gli incollocabili, quelli che, come tanti, non corrispondono ai criteri dell’assegnazione.
Da oggi siamo qui.
Il bando è chiuso.

Giustiniani 19 in esilio
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