“Il Grido delle Ninfee” num. 3 – Petrolchimico di Ferrara

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LA QUESTIONE DELLE NOCIVITÀ NON PUÒ ESSERE DISGIUNTA DA UNA RIFLESSIONE COMPLESSIVA SULLE CAUSE PRIMARIE DELLE SCELTE CHE PRODUCONO LE STESSE E, QUINDI, DA UNA CRITICA GENERALIZZATA ALLO STESSO SISTEMA GENERANTE. ESSERE CONTRARI ALL’ESTENDERSI E AL DIFFONDERSI DI UNA CULTURA DI AVVELENAMENTO SOCIALE E DISTRUZIONE AMBIENTALE SIGNIFICA CONFRONTARSI CON I MOTIVI CHE NE HANNO PORTATO IL VERIFICARSI. NON POSSIAMO CHIAMARCI FUORI! NOI TUTTI SIAMO CONDIZIONATI DAGLI EVENTI E DALLE MODIFICAZIONI SOCIALI CHE QUESTE SCELTE SISTEMATICHE VENGONO A CREARE: TANTO PIÙ NE SAREMO SOGGETTI QUANTO PIÙ SI ESTENDERANNO E PARRANNO PROGETTI DIFFICILMENTE SORMONTABILI. INSISTENDO SUL LEGAME CHE INTERCORRE TRA NOCIVITÀ (EFFETTO) E SISTEMA-DOMINIO (CAUSA), DI FATTO MANIFESTIAMO LA NOSTRA VOLONTÀ DI SPINGERCI AL DI LA DI UNA CRITICA STUCCHEVOLE E LANGUIDA, CHE NON TIENE CONTO DEI VERI PROBLEMI. SE LA NOSTRA SALUTE È IMPORTANTE, BASILARE È ANCHE IL METODO CON CUI QUESTA VIENE OTTENUTA PERCHÉ OLTRE AL BENESSERE FISICO DOBBIAMO ASPIRARE ANCHE A QUELLO SOCIALE”.

In questo terzo numero abbiamo voluto spendere qualche parola sul movimento ambientalista che da qualche anno si è creato a Ferrara, attorno ai temi caldi della costruzione della centrale elettrica turbogas e della triplicazione dell’inceneritore Hera. Ci è piaciuto coglierne i pregi ed i limiti, cercando di proporre soluzioni che possano dare uno slancio in più per fermare questi progetti nocivi che si ripercuoteranno sulla vita di tutti. Pensiamo che in questo momento, proprio quando i due impianti sembrano prossimi all’accensione, la lotta debba essere radicalizzata e si debbano tentare nuovi piani pratici di azione. Le assemblee pubbliche indette dai Comitati, da questo lato sono sembrate ancora abbastanza carenti. È indispensabile capire se si vuole evitare davvero di subire queste nocività. Bisogna che dalle assemblee emerga chiaro il proposito di mettersi in gioco totalmente per fermare i progetti che la popolazione vive come imposti.
Accanto a questa analisi abbiamo voluto accostare un discorso inerente a quella che viene chiamata “la crisi del settore della chimica” ed abbiamo, dunque, finito per parlare anche del Polo Chimico di Ferrara. Se lo abbiamo fatto c’è una ragione ed è evidenziare, al di la dei singoli stabilimenti nocivi, l’esistenza di un problema ben più grande. La reindustrializzazione di questo settore è un fatto per noi preoccupante che, al di la di un’ottimistica previsione di occupazione (ricordiamo che lo sviluppo della tecnologia ha portato e porterà sempre più ad un minor ricorso di mano d’opera umana), pende come una spada di Damocle sul presente e sul futuro del pianeta. Pensiamo che opporsi ad una sola – o due – nocività sia abbastanza ingenuo, perché mostra una difficoltà di comprensione di come la produzione tecnologica, in realtà, faccia parte di un unico progetto. Ci sembra giusto soffermarsi su una singola nocività, per concentrare gli sforzi su di un obiettivo che può essere attaccato e abbattuto ma va sempre tenuto a mente che le nocività non sono slegate dal contesto che le crea. Questo, per noi, è essere ecologisti.

Quale ecologia?
“Ecologia: scienza che studia le relazioni tra gli esseri viventi e l’ambiente fisico in cui vivono”.

Per schiarire le idee:
NO, non siamo del partito dei Radicali.
NO, non ci riconosciamo nella sinistra cosiddetta radicale, che di radicale ha ben poco, o nulla.
NO, non siamo legati ad ideologie di partito, di destra, di sinistra, di estrema sinistra o neofascista.
Siamo Anarchici. Siamo ecologisti anche, perché le relazioni tra ambiente fisico ed esseri viventi, umani e non, è alla base di ogni altra considerazione.
Siamo per un ecologia radicale, in quanto presupponiamo che lo studio di un effetto debba portare in maniera logica alla messa in discussione dell’intero sistema che ne permette la nocività.
E agiamo coerentemente. Nient’altro.

PREGI, LIMITI E PROSPETTIVE DEL MOVIMENTO AMBIENTALISTA FERRARESE.
Parlando dei comitati cittadini che in questi anni si sono formati va sicuramente riconosciuto il buon lavoro di informazione svolto e la loro ritrosia a lasciarsi strumentalizzare dai partiti politici. L’indipendenza dai partiti, espressione fondamentale dei comitati, va senz’altro salvaguardata e difesa, ben sapendo che un ipotetico “partito” dei comitati, sia su scala locale che nazionale, una volta entrato a far parte della bagarre elettorale ed investito di una responsabilità istituzionale, mal riuscirebbe a svolgere il compito che si era prefisso in partenza. È molto più probabile che questa ennesima formazione rischierebbe di essere strumentalizzata da una parte politica, in contrapposizione ad un altro schieramento o, peggio ancora, finirebbe impantanato e coinvolto nelle meschine diatribe per contendersi i posti del privilegio politico e nel mercanteggio delle poltrone di palazzo, perdendo totalmente di vista i problemi che, sulla carta, era intenzionato a risolvere. Pensiamo solamente al partito dei “verdi”, esempio lampante di come un’organizzazione che si presenta come ambientalista – e magari tra i suoi elettori ed iscritti di base vi è anche qualche persona in buona fede – abbia finito, una volta entrata a far parte del sistema rappresentativo, per patrocinare nocività come la Turbogas, perdendo anche quella residuale credibilità che ancora qualcuno era disposto ingenuamente a concederle. Il caso descritto è emblematico di come funzionino i rapporti di potere all’interno della politica “ufficiale” e prima o poi vi si accomodano tutti. Sarebbe realmente pericoloso dare credito ad alcune voci che preannunciano iniziative unitarie con le forze politiche “che ci stanno”. Il riferimento è ad un esponente in vista del comitato FerrAria Pulita, che scopre le sue carte e dice, sui giornali locali, che “se c’è qualche forza politica interessata a muoversi negli ambiti istituzionali è benvenuta”. Mentre anche altri esponenti di altri comitati non hanno nascosto di vedere di buon occhio una “discesa in campo”, magari con qualche alleanza strategica, tanto che vi è stato perfino un dibattito interno al movimento dei comitati, divisi sull’opportunità o meno di partecipare alla bagarre elettorale con propri candidati. Questa “vocazione” da rappresentante del movimento, che evidentemente qualcuno ha, va stroncata sul nascere perché portatrice di rivalità, raggiri ed espedienti troppo distanti dall’onestà di intervento con cui il movimento ambientalista ha cercato di muoversi fin ora. Continuiamo a preferire l’autogestione delle lotte, completa, indipendente, coerente con se stessa. I maggiori limiti che abbiamo notato, all’interno della variegata composizione del movimento dei comitati ambientalisti ferraresi, li abbiamo potuto osservare nel contesto delle assemblee cittadine. La prima cosa che abbiamo notato è, purtroppo, un continuo ripetersi su argomenti arcidiscussi e che ormai avrebbero dovuto esser chiari a tutti, dopo anni spesi ad argomentarci sopra. Non fraintendiamoci. Come dicevamo, un merito dei comitati è stato quello di informare la gente, anche portando a conoscenza dati tecnici e scientifici, altrimenti difficilmente reperibili, tanto che l’uso di “tecnicismi” come “micropolveri”, “Pm10”, ed altri sono stati sottratti e strappati all’oscuro ed esclusivo gergo dei tecnici per essere consegnati alla comprensibilità di tutti, entrando a far parte del vocabolario comune. Però, è d’altronde evidente che dopo 4 anni di opposizione ai progetti della Turbogas e della triplicazione dell’inceneritore Hera, sarebbe logico attendersi che al dialogo e al confronto dialettico si affianchi pure un percorso di lotta ed una serie di azioni pratiche, volte ad indirizzare gli sforzi verso l’obiettivo comune che ormai non dovrebbe essere messo in dubbio e cioè ostacolare con tutte le forze e tutti i mezzi possibili l’accensione dei due impianti. Una lotta limitata alla sola informazione, a nostro avviso, ha al suo interno una carenza che ne circoscrive la portata e la capacità di incidere davvero; al contrario, pensiamo che le proposte di azioni pratiche e la loro realizzazione possa riuscire ad innescare quel salto qualitativo di cui il movimento ambientalista ferrarese ha sicuramente bisogno e a tal proposito ci è parso che alcune proposte uscite dalle assemblee pubbliche vadano in questa direzione e, quindi, debbano essere tenute in grande considerazione. Si è parlato di possibili comparsate in tutti quegli incontri promossi dalle aziende costruttrici per pubblicizzare le loro nocività, per rendergli amara la festa; oppure di occupare e bloccare i binari della stazione ferroviaria…si potrebbero escogitare blocchi stradali in bicicletta, stile “Critical Mass” o creare presidi permanenti sotto il comune o davanti ai cantieri, come in Val Susa…non vi devono essere limiti alla creatività e alla fantasia ma le stesse devono diventare un arma in più del movimento di opposizione alle nocività. Forse è anche ora di pensare ad una manifestazione regionale contro le nocività da tenere a Ferrara, visto le tante realizzazioni dannose che stanno sorgendo in città e provincia e che si associano a quelle presenti od in costruzione nelle altre province dell’Emilia-Romagna. La regione, per esempio, sta diventando un coacervo di centrali elettriche di piccole e grandi dimensioni; per rimanere in tema Turbogas: una è in costruzione a Imola, nel bolognese, e sarà gestita da Hera, un’altra è a Porto Corsini, in territorio ravennate…aggiungiamoci la centrale di Porto Tolle, insediata nel bel mezzo del parco del Delta del Po e che Enel vorrebbe riconvertire a carbone e le due centrali mantovane di Sermide (turbogas) e Ostiglia, prossime al territorio ferrarese ed il quadro che emerge è che viviamo davvero immersi nei veleni e Ferrara è proprio in mezzo a questo quadrilatero appena evidenziato. E siamo ancora qui a chiederci quanto la Turbogas di Ferrara inquinerà, giocando coi numeri, quando è chiaro che aggiungerà un aggravio sostanzioso alla situazione che già oggi, senza la megacentrale, risulta inaccettabile. Ritornando ai limiti che abbiamo avvertito nel movimento ambientalista ferrarese, ci è parso cogliere l’apparente difficoltà di coordinarsi tra i vari comitati. Abbiamo assistito ad alcuni incontri pubblici dove il numero di intervenuti è risultato davvero basso. Questo, ipotizziamo, può significare che manca quel necessario coordinamento che – pur restando ferma l’autonomia di ogni comitato – aiuterebbe certamente a migliorare la diffusione di notizie, l’informazione e l’organizzazione degli incontri. Questo non significa formare un “partito” o un organizzazione formale ma solamente finalizzare gli sforzi in una direzione comune, pur con tutte le differenze e le pluralità d’intervento. Se si vuole davvero fermare i due impianti, se si vuole che il NO a Turbogas ed inceneritore non restino soltanto slogan, bisognerà osare qualcosa di più e scendere nel campo dell’opposizione concreta ed intraprendere forme di mobilitazione più radicali. Ogni perplessità, ogni ripiegamento, ogni obiettivo intermedio, ogni posizione che non sia quella di una opposizione radicale agli impianti di morte sarebbe fare un passo indietro, proprio quando invece occorre avanzare spediti, giacché le nocività incombono e l’accensione della centrale Turbogas e dell’inceneritore triplicato è questione di mesi. In prospettiva, la lotta non si esaurirà con l’eventuale messa in funzione dei due impianti, perché le nocività ci circondano ed il loro dilatamento è un processo endemico di questo sistema sociale. Ancora non hanno finito di costruire i due impianti che già si pensa a realizzare l’Idrovia, con lo scempio che porterà al fiume Po e ai suoi affluenti; od ancora l’Autostrada Cispadana…come si vede la lotta non si ferma e non si deve fermare con l’eventualità di perdere la battaglia sul fronte della Turbogas/Inceneritore ma continuerà contro ogni nocività, presente e futura sul territorio ferrarese. E se dovessimo perdere qualche battaglia, questo ci serva da lezione per svegliarci davvero e per trarre dagli errori la volontà di non sbagliare di nuovo; perché non dicano, anche la prossima volta, che la protesta era arrivata troppo tardi…che si possa dire, invece, che la protesta si è fatta tempesta.

A PROPOSITO DELLA CRISI DEL SETTORE DELLA CHIMICA.
Il 14 dicembre, davanti al ministro Bersani, ai sindacati confederali, agli enti locali, Eni e imprese del Polo, è stato firmato il Protocollo d’Intesa su Porto Marghera, dove esplicitamente la chimica viene indicata come un settore strategico ed indispensabile. L’accordo prevede, tra le altre cose, una serie di investimenti per l’avvio di produzioni “più avanzate”. A quest’accordo, e ai prossimi che riguarderanno gli altri siti chimici presenti nel quadrilatero formato da Ravenna, Ferrara, Mantova e, appunto, Porto Marghera è sicuramente interessata anche la città Estense, che già guarda al nuovo Accordo di Programma per la Chimica, che dovrà sostituire il precedente del 2001 e che prevederà come punto centrale la reindustrializzazione del polo chimico, partendo proprio dalla centrale Turbogas che dovrà favorire l’arrivo di nuove imprese con la fornitura di energia a costi abbordabili, mentre per quelle già presenti all’orizzonte vi è un investimento di Eni per 45 milioni di euro per potenziare l’impianto di polietilene di Ferrara di Polimeri Europa mentre la Basell ha incrementato del 40% la sua produzione plastica, fatturando nel 2006 ben 10 miliardi di euro e per questo premiata come seconda impresa più innovativa d’Italia. Yara, dal canto suo, punta sul nuovo impianto per produrre Adblue, una miscela di Urea, che verrà impiegata dai veicoli industriali e ha dichiarato di voler investire 30 milioni di euro da qui al 2011. Non ci pare proprio un settore in crisi, che abbia bisogno di agevolazioni ed aiuti per non morire, ma pienamente in salute, purtroppo. Eppure gli industriali dicono: “Energia cara e burocrazia ci impediscono di correre”, parlando di un clima “antiindustriale” e minacciando reazioni di ricaduta sull’occupazione nel caso i loro progetti di industrializzazione non venissero ripresi alla lettera dal nuovo Accordo di Programma; ed anche i sindacati, con loro, chiedono di rendere l’energia prodotta dalla Turbogas accessibile ad un costo vantaggioso per le imprese insediate e per quelle che si vorranno insediare e di prevedere agevolazioni fiscali. Inoltre, sempre i sindacati, questi gran difensori del proletariato urbano, chiedono a gran voce l’ampliamento del bacino degli scambi di emissioni inquinanti, in pratica la facoltà per le imprese di “comprare” il diritto di inquinare di più dalle industrie che inquinano di meno. E c’è chi sta pensando proprio a questa soluzione, ed è il Comune, che chiede alla SEF di ridurre le emissioni inquinanti, in maniera volontaria ci mancherebbe, perché meno inquina la Turbogas e più potranno farlo le altre aziende che si insedieranno in futuro. Proprio un bel esempio di lungimiranza, non c’è che dire. Purtroppo per il sindaco Sateriale la SEF non pare disposta ad accettare perché, come ha detto il responsabile Rosario Cigna, “dimezzare la Turbogas non avrebbe senso finanziario”, ammettendo candidamente che la vera ragione per cui si fa la megacentrale è solamente per lucrare il più possibile sull’energia venduta e questo, implicitamente, è anche il motivo per cui non sono state semplicemente riconvertite a metano le due vecchie e più piccole centrali esistenti, “perché avrebbero una capacità produttiva inferiore al necessario”. Necessario a che? Non si vorrà mica inscenare ancora lo spauracchio della crisi energetica? Ma dov’è questa crisi? In molti si sono fatti abbindolare dalla disinformazione, svolta benissimo dai media nazionali. Quando si legge una notizia al giornale, prima di tutto bisognerebbe chiedersi: chi l’ ha commissionata? Chi ha pagato il servizio in onda sul Tg? Allora tutto ci sembrerà più chiaro. L’Italia non ha bisogno affatto di nuove centrali, perché già ora quelle che possiede non marciano a pieno regime e se acquistiamo energia dall’estero è soltanto perché costa di meno, solamente per questa ragione. Se le aziende costruiscono le centrali, le ragioni sono ben altre. L’Enipower, per esempio, ha vinto nel 2004 l’European Electricity Challenge, un iniziativa europea per sviluppare le competenze aziendali nel settore dell’energia elettrica e del gas e dispone in Italia di sette impianti produttivi, mentre conta di arrivare a possedere una potenza complessiva di 5.000 Mw con la costruzione di nuovi centrali come quella di Ferrara. Che tutte queste centrali servano per sopperire ad una mancanza di energia è veramente una grossa burla. In realtà Enipower sta tentando di arrivare al traguardo dei 5.000 Mw per essere più competitiva ed avere maggior peso nei mercati internazionali, perché è così che funziona il sistema delle liberalizzazioni, altro che crisi! La realtà è che ormai l’offerta di energia non viene più sostenuta in base alla domanda ma è il contrario: prima si crea energia a bassi costi e magari con incentivi statali ed europei e poi si cerca a chi venderla. Il tutto sopra la pelle delle persone, come sempre. É la solita vecchia manifestazione del capitalismo. E a chi oppone la considerazione che più industrie significa pure più inquinamento? Non c’è problema, vorrà dire che il Polo Chimico sarà più “ecologico”! Questo si evince dall’accordo firmato da nove aziende del Petrolchimico, dai tre sindacati, dalla Confindustria Ferrara, da Arpa, Comune e Provincia, dove si parla di far acquisire l’attestato Emas alle aziende firmatarie del protocollo d’intesa riunite in soggetto unico. Cosa vuol dire questo? Niente: solamente le aziende aderiscono volontariamente ad uno schema di gestione ambientale per ottenere un attestato che ne certificherà la “buona volontà” e con questo si potranno rifare un immagine “verde” e “ambientalista”. Strano il mondo, chi attacca la società dei veleni e gli avvelenatori viene definito estremista mentre i veri eco-terroristi, che sono quelli che i veleni li spargono a piene mani, miracolosamente divengono irriducibili difensori dell’ambiente. Ma la credibilità di tutto ciò è pari a chi bombarda popolazioni intere asserendo di stare portando la pace e la democrazia. Non possiamo ignorare una grande verità, accessibile a chiunque non viva coi paraocchi: Chimica ed Ecologia non sono parole accostabili, per cui dobbiamo porci la domanda: il Polo Chimico può essere ecologico, sostenibile? La risposta è NO! Ma c’è chi ‘STÌ CAZÀD ce le vuole far bere e allora addirittura arriva un libro – Ferrara e il suo petrolchimico, edito da Cds – che sostiene che non è più la chimica sporca e cattiva di una volta ed i suoi estensori si lanciano in argomentazioni discutibili ed arbitrarie secondo cui “la plastica contribuisce a migliorare l’attività umana” e “bisognerebbe riconoscere che della chimica non si può fare a meno, salvo regredire a livelli di vita non più accettabili”. Ebbene, a coloro che hanno l’arroganza di indicarci il cammino dell’umanità, siamo lieti di fare un torto: non solo troviamo un mondo senza i veleni che pubblicizzano – lautamente stipendiati dalle aziende – più che desiderabile ma è proprio la società odierna che sta degenerando a livelli di vita non più accettabili. E all’inaccettabile cercano di abituarci, per renderlo accettabile e così nascono manuali destinati ai cittadini dove si spiega cosa fare in caso di esplosione o dispersione di nubi tossiche, così da creare quell’abitudine all’emergenza sempre presente, un costante clima di allarme ed apprensione con cui dover convivere. Eh, si, perché il pericolo è sempre presente, come è successo a Treviso, dove nel giro di due giorni sono andate in fiamme la De Longhi ed altre due fabbriche, una di materassi ed una di materie plastiche, e si è sprigionata una nube tossica che ha ricoperto la città, che ha costretto i cittadini a rinchiudersi in casa, col divieto di andare nei parchi, e a saccheggiare i negozi che vendevano mascherine. Se l’incendio di uno stabilimento di macchinette per caffè ha fatto registrare picchi di Diossina tre volte superiori ala norma, figuriamoci cosa accadrebbe se dovesse succedere ad un impianto chimico! Davanti all’eventualità di un pericolo incombente sulla nostra testa e alla rassegnazione di vivere nel costante timore è necessario domandarci se questa è la strada che vogliamo percorrere. Non si tratta di una domanda retorica ma della scelta che ci vede come attori protagonisti della nostra vita, non accettando i loro impianti che, come abbiamo visto, non solo producono nocività ma creano anche un clima di controllo sociale attraverso l’assuefazione alla paura. Dobbiamo pretendere un cambio di traiettoria radicale, cominciando a chiederci se davvero valga la pena di perdere la nostra salute (gli stessi tecnici della Provincia evidenziano il dato che il comparto industriale è responsabile al 60% , ed è quindi fortemente colpevole, delle emissioni totali degli Ossidi di Azoto, che sono i precursori delle polveri sottili.), la nostra serenità e la vivibilità su questo pianeta – e di conseguenza la libertà di goderne pienamente – per assicurare la continuità a questo modello di sviluppo. Dobbiamo cominciare a chiederci, invece, se non valga molto di più impegnarci per gettare le basi di una società non mortifera, salubre e a misura d’individuo.

LE AZIENDE PERICOLOSE DEL POLO CHIMICO.
– AMBIENTE S.p.A. p.zzle Donegani, 12
trattamento residui liquidi e solidi dello stabilimento multisocietario di Ferrara, di Società e Aziende terze.
Sostanze che possono provocare incendio e/o esplosione: Benzene
Sostanze che possono provocare nubi tossiche: Benzene

– BASELL POLIOLEFINE ITALIA S.p.A. p.zzle Donegani, 12
Attività: produzione Polipropilene e materiali composti (materie plastiche, resine sintetiche, termoplastiche e altri prodotti affini) e ricerca materie plastiche
Sostanze che possono provocare incendio e/o esplosione: GPL, Etilene, Pentene, Alcool metilico
Sostanze che possono provocare nubi tossiche: Titanio tetracloruro

– SYNDIAL (EX ENICHEM) p.zzle Donegani, 12
Produzione: centrale termoelettrica, acqua demineralizzata, Ossido di Propilene
Sostanze che possono provocare incendio e/o esplosione: GPL, Ossidi di Propilene, Alcool metilico

– POLIMERI EUROPA s.r.l. p.zzle Donegani, 12
Attività: produzione e sviluppo gomme sintetiche e Polietilene a bassa densità
Sostanze che possono provocare incendio e/o esplosione: GPL, Perossidi, Etilene, Toluene, Alcool metilico
Sostanze che possono provocare nubi tossiche: ENB, Toluene

– YARA ITALIA S.p.A. (Ex HYDRO AGRI ITALIA) p.zzle Donegani, 12
Produzione: impianto Urea, impianto Ammoniaca, diserbanti
Sostanze che possono provocare incendio e/o esplosione: Metano, Idrogeno, Ammoniaca
Sostanze che possono provocare nubi tossiche: ammoniaca

– NYLCO/ P-GROUP s.r.l. p.zzle Donegani, 12
Produzione: Poliesteri (Polimeri solidi in granuli)
Sostanze che possono provocare incendio e/o esplosione: Alcool metilico

– VYNILOOP FERRARA S.p.A. via Marconi, 73
Produzione: riciclo materiali a base di PVC
Sostanze che possono provocare incendio e/o esplosione: solventi liquidi come Metiletilchetone ed Esano

– ANRIV s.r.l. via Monari, 5
Attività e produzione: deposito di Fitofarmaci
Sostanze che possono provocare incendio e/o esplosione: Fitofarmaci
Sostanze che possono provocare nubi tossiche: fumi tossici

– ALCOPLUS S.p.A. (ex ALC.ESTE. S.p.A., ALCOOL ESTENSE) ex Eridania, via Turchi, 18
Attività e produzione: distillazione del melasso da barbabietola per la produzione di Alcool
Sostanze che possono provocare incendio e/o esplosione: Alcool etilico

– PETROLIFERA ESTENSE S.p.A. via Padova, 43
Attività e produzione: deposito di combustibili
Sostanze che possono provocare incendio e/o esplosione: benzine, oli combustibili

Oltre a queste aziende, considerate a rischio ambientale, nel Petrolchimico sono presenti CRION s.r.l.: produzione gas tecnici; CENTRO ENERGIA OPERATOR FERRARA s.r.l.: produzione energia elettrica, gestione della turbogas da 150 Mw; CENTRO RICERCHE “GIULIO NATTA” (BASELL S.p.A): ricerca e sviluppo di materie plastiche e gomme; IFM – INTEGRATED FACILITY MANAGEMENT: servizi industriali interni; SEF – SOCIETÀ ENIPOWER FERRARA: gestione della costruendo turbogas da 800 Mw.
Adiacente al Petrolchimico vi è poi l’ AREA INTEGRATA SOLVAY di via Marconi. A partire dal 1998 la Solvay ha avviato in questa area le operazioni per la dismissione dell’impianto per la produzione di PVC. Il progetto, conclusosi in due anni, ha permesso il rilancio dell’area che oggi vede la presenza delle società: SOLVAY CHIMICA ITALIA (compound), SOLVAY SOLVIN ITALIA, G.F.C. CHIMICA (produzione prodotti chimici) oltre alle già nominate VINYLOOP e P- GROUP

Il Petrolchimico e la sua storia:
L’insediamento è attualmente multisocietario e si estende su circa 250 ettari a nord di Ferrara, nelle immediate vicinanza del suo centro abitato e a 4 km dalla sponda destra del fiume Po. L’attività produttiva comincia nel 1941 con un impianto di gomma sintetica della Società anonima italiana gomma sintetica; nel 1950 lo stabilimento viene rilevato dalla Montecatini, che successivamente si trasforma in Montedison, Montepolimeri, Enimont ed infine Enichem. Oggi il Petrolchimico, dopo la chiusura del cracking della Virgin Nafta è caratterizzato dall’apertura negli anni ’70 della pipeline che dallo stabilimento di Porto Marghera trasporta fino a Ferrara etilene e propilene. L’area del Petrolchimico si sta sempre più caratterizzando anche come polo energetico, con la costruzione, una decina di anni fa, di una centrale elettrica turbogas da 150 Mw e la futura da 800 Mw. L’Accordo di Programma del 2001 permetteva nuovi insediamenti solamente in vista di una bonifica totale dell’area ma sono stati solamente eseguiti interventi parziali e discontinui sulla falda superficiale e sui terreni, dimenticando la falda profonda, che risulta essere inquinata anch’essa da anni ed anni di insediamenti nocivi. Gli inquinanti maggiormente rilevati sono: Arsenico, Cromo, Nichel, Alluminio e CVM (La lavorazione del Cloruro di Vinile Monomero è stata proseguita dall’azienda Solvey fino al 1998, quando ha deciso di chiudere l’impianto di produzione del polimero derivato. Nel 2001 è stato presentato un esposto alla Procura da parte di 35 persone tra famigliari e lavoratori, di cui 33 contro la Solvay e 2 contro il Petrolchimico, per i decessi per tumore e le malattie epatiche e dell’apparato respiratorio che si sono registrati in questi anni tra gli operai che lavoravano il CVM, agente cancerogeno). In considerazione della conformità del terreno, che sembra poggiare su un antico ramo del Po prosciugato, sembra che gli inquinanti dalla falda superficiale abbiano trasmigrato in quella profonda e non si esclude che abbiano inquinato anche il vicino Canele Boicelli ed i Canali della Bonifica. La legge Seveso, che scaturì dopo l’incidente del 10 luglio 1976, nello stabilimento chimico Icmesa di Meda, di proprietà del gruppo Givaudan Hoffman – La Roche, che portò alla formazione di una nube tossica con altissime concentrazioni di Diossina che si espanse sui territori della Brianza e all’evacuazione della cittadina di Seveso (con molti casi di intossicazione, ricoveri in ospedale, eritemi), prescrive che gli impianti pericolosi devono essere delocalizzati fuori dai centri abitati eppure il Petrolchimico di Ferrara è a due passi dal centro storico, inserito in un quartiere densamente popolato e ben dieci aziende al suo interno sono state classificate ad elevato rischio ambientale. In tutta Italia ci sono più di mille impianti classificati pericolosi e un quarto di loro sono stabilimenti chimici.

Nutiziàri frarés:
Turbogas, via libera agli off-gas.
12 aprile: il ministro per l’Ambiente, Pecoraio Scanio, leader del partito dei Verdi, ha deciso che non serve una nuova Valutazione di Impatto Ambientale per bruciare gli off-gas nella centrale Turbogas di Ferrara, anche se la VIA del 2002 prevedeva che la centrale fosse alimentata esclusivamente a gas naturale e potesse essere avviata solo dopo che SEF avesse realizzato un impianto specifico per il trattamento di questi gas incombusti e altamente nocivi. Così Enipower e SEF risparmieranno soldi e inquineranno di più, convogliando tutti i gas incombusti delle altre aziende verso la Turbogas. Complimenti!

Turbogas e lavoro nero.
Il 27 marzo un operaio rumeno sale su una gru a 40 metri di altezza e minaccia di buttarsi, denunciando inaccettabili condizioni di lavoro nel cantiere dove si sta costruendo la megacentrale elettrica. Dopo un blitz della Finanza si scopre che il caso non è isolato e viene individuata una società appaltatrice di Sant’Ilario d’Enza, nel Reggiano, come responsabile di un giro di lavoratori clandestini. SEF, Enipower e Snamprogetti, quest’ultima di proprietà dell’Eni e responsabile degli appalti (un’azienda che partecipa alla realizzazione della TAV Milano-Bologna, di pipeline e rigassificatori per l’Adriatico e delle Turbogas di Ferrera Erbognone, Mantova, Ravenna e Brindisi), dicono di non saperne nulla e si chiamano fuori mentre, come spesso accade, gli unici a pagare sono stati i lavoratori clandestini, che sono stati espulsi. La società di Reggio Emilia è, invece, solo stata licenziata.

Ancora puza ad’ goma brusàda:
Il procedimento penale contro Polimeri Europa (ENI), accusata di “getto pericoloso di cose”, per la vicenda delle puzze di ENB, sostanza tossica usata dall’azienda per la produzione di gomme, si è risolto con l’oblazione di 3.000 euro, una cifra irrisoria per un’industria come questa. La strada dell’oblazione chiude l’indagine senza un pubblico dibattito su cosa sia effettivamente successo.
Intanto, sta di fatto che, anche dopo le garanzie della risoluzione del problema, la sgradevole puzza di ENB, che assomiglia a quella di plastica e gomma bruciata, continua ad essere avvertita, in particolare nelle zone attorno al Petrolchimico.

Yara: ‘n altar sciòpp!
Ancora botti e scoppi, dalle sei di mattina fino a mezzogiorno del 6 aprile, alla fabbrica di urea e diserbanti Yara. Non è il primo incidente: a gennaio il coperchio di un silos di additivi chimici dell’azienda era saltato in aria, mandando all’ospedale due operai.

Fum négar e fog:
a metà aprile l’ennesimo blocco negli impianti del Petrolchimico, con le solite esalazioni di fumi neri e torcie, questa volta partite da Basell per un problema all’impianto

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